Manifestare la luce: un cammino di consapevolezza


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Foto di Gadiel Lazcano su Unsplash
Foto di Gadiel Lazcano su Unsplash

28 febbraio 2025

Dal Vangelo secondo Marco - Mc 4,21-25 (Lezionario di Bose)

In quel tempo Gesù disse: 21«Viene forse la lampada per essere messa sotto il moggio o sotto il letto? O non invece per essere messa sul candelabro? 22Non vi è infatti nulla di segreto che non debba essere manifestato e nulla di nascosto che non debba essere messo in luce. 23Se uno ha orecchi per ascoltare, ascolti!».
24Diceva loro: «Fate attenzione a quello che ascoltate. Con la misura con la quale misurate sarà misurato a voi; anzi, vi sarà dato di più. 25Perché a chi ha, sarà dato; ma a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha».


Gesù oggi, attraverso vari ammonimenti, ci esorta a riscoprire e manifestare la nostra luce, a coltivare un ascolto autentico e a vivere con responsabilità la reciprocità nelle relazioni.

Gesù chiede: “Viene forse la lampada per essere messa sotto il moggio o sotto il letto?” (v. 21). Nel linguaggio biblico, la luce è simbolo della presenza di Dio e della verità eterna: “La tua parola è lampada ai miei passi, luce sul mio sentiero” (Sal 119,105). Come la luce, la verità non può essere velata senza snaturarsi: “La luce splende nelle tenebre, e le tenebre non l’hanno sopraffatta” (Gv 1,5).

Nascondere la propria luce equivale a soffocare la missione per cui siamo stati creati. Ogni credente è chiamato a essere luce del mondo (cf. Mt 5,14), testimoniando la fede non solo con le parole ma con il modo stesso di vivere. In una società dominata dal relativismo e dalla paura del giudizio, il rischio è di conformarsi, perdere la propria identità. Ma la fede richiede coraggio: essere sé stessi nella verità è un atto rivoluzionario.

Gesù continua: “Se uno ha orecchi per ascoltare, ascolti!” (v. 23). L’ascolto consapevole non è passivo, ma attivo e trasformativo: “Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno” (Dt 6,4). Accogliere la Parola significa discernere con un cuore aperto, distinguendo la verità dalla menzogna in un mondo inondato da stimoli, illusioni e falsità. Nell’era della sovra informazione, la sfida è sviluppare un’attenzione piena, capace di nutrire l’anima e di tradursi in azione concreta: “Siate di quelli che mettono in pratica la Parola e non ascoltatori illudendo voi stessi” (Gc 1,22).

Gesù conclude con un principio universale di giustizia divina: “Con la misura con la quale misurate sarà misurato a voi” (v. 24), in armonia con l’insegnamento: “Non giudicate, per non essere giudicati” (Mt 7,1). Il vangelo ci rivela però anche un’altra legge: “A chi ha sarà dato, a chi non ha sarà tolto anche quello che ha” (v. 25). Questa è la dinamica dell’abbondanza spirituale: chi condivide la propria luce la vede moltiplicarsi, mentre chi la trattiene per paura finisce per perderla. “Dio ama chi dona con gioia” (2Cor 9,7): la generosità amplifica la nostra capacità di ricevere, laddove l’egoismo spirituale e l’attaccamento impoveriscono l’essere.

Queste parole non sono teorie ma una chiamata al risveglio interiore, un invito a incarnare la verità in ogni aspetto della vita. Vivere nella luce significa testimoniare con autenticità, ascoltare con discernimento e donare con fiducia.

La luce che dimora in noi non è un accessorio, ma una necessità esistenziale. Non splende per esibire l’ego ma per illuminare, per trasformare noi stessi e il mondo. Accogliere questa luce è scegliere la verità, sempre, anche quando richiede di andare controcorrente. Solo chi si apre alla luce può comprendere la propria vocazione e lasciare un’impronta che arricchisce gli altri.

Essere luce nel mondo significa permettere alla verità di espandersi oltre i confini individuali, irradiare speranza, ispirare gli altri e costruire una comunità fondata sull’amore, che cresce solo quando viene donato. Perché la crescita spirituale non si compie nell’accumulare, ma nel traboccare.

sorella Mónica