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P. Robert Taft s.j. (1932-2018)

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P. Robert Taft
P. Robert Taft

ABCDell'Ecumene

Un’amicizia sincera e intensi scambi ci hanno legato a p. Robert Taft sj, uomo libero e assetato di unità; ci accomunava una viva passione per la Chiesa e per la vita monastica, per la liturgia (partecipò e seguì con attenzione i nostri Convegni liturgici internazionali), per l’ecumenismo, e una sincerità di parole e di atteggiamento fin dal primo incontro. Ancora recentemente ci scriveva: “Le mie memorie di Bose sono sempre vive, perché abbiamo gli stessi principi di vita: ecumenismo e buon senso nel risolvere i problemi delle Chiese sorelle nello spirito del Concilio Vaticano II!”.

Al compimento degli ottant’anni e sulla soglia del congedo da Roma dopo tanti anni di servizio per la santa Sede e per tutte le Chiese, abbiamo potuto festeggiarlo tra noi a Bose, con alcuni amici, in un momento intenso di festa e di condivisione. Il nostro rapporto è continuato anche durante il suo ultimo tratto di vita negli USA (“Il tramonto” lo definiva): ci scriveva utilizzando solo caratteri maiuscoli perché aveva ormai gravi problemi di vista e ironizzava come sempre sapientemente sulla vecchiaia (“Pazienza: Dio perdona, la vecchiaia no!!!”, ci diceva) e sulla sua condizione di malattia: “Sono un vecchione con problemi di salute, ma tiro avanti con l’aiuto del Signore che è sempre pronto a ignorare e perdonare i miei peccati e stupidate”.

Circa la morte soggiungeva: “Non dobbiamo aver paura di morire, noi moriamo come abbiamo vissuto, nell’amore del Signore-Salvatore morto per salvarci e non per condannarci” e si congedava sempre confermando la sua preghiera e il fraterno affetto.

Così si esprimeva in una lettera a fr. Enzo per il volume per i suoi settant’anni La sapienza del cuore: “Stiamo in un mondo dove devono sparire le barriere e i confini che dividono… La Chiesa non si gira mai verso il passato, perché il passato è irrecuperabile, come ben sa chiunque conosca la storia. Quand’anche la Chiesa decida di recuperare alcuni valori del passato oscurati da cambiamenti e dagli abusi, non si tratta di un ritorno al passato, ma di un andare verso il futuro alla ricerca della loro reintegrazione e superamento”. Ora lo pensiamo totalmente immerso in questo futuro di pace e di unità cui aspirava costantemente, nella dimora di Dio, nella luce senza fine.

Riportiamo qui, in una nostra traduzione, le parole di commiato del suo confratello p. John F. Baldovin, s.j.

Robert Taft era, prima di qualsiasi altra cosa, un buon prete e un gesuita fedele e di fede salda. Erauomo assiduo alla preghiera sia personale che comunitaria e praticava liturgicamente tutto quello a cui aveva dedicato gran parte della sua vita di studioso e docente. Non ha mai mancato di mandare le sue condoglianze a un gesuita o qualsiasi altro amico che avesse sofferto la perdita di una persona cara: a volte scriveva un messaggio anche in occasione degli anniversari di tali eventi. I suoi scritti teologici più diffusi rivelano un uomo appassionatamente devoto a Gesù Cristo. Credo che queste siano le prime cose per le quali egli stesso avrebbe voluto essere ricordato.

Nato a Providence (Richmond, U.S.A.) il 9 gennaio 1932 e cresciuto nella vicina Cranston, Taft ha studiato presso i Fratelli Cristiani prima di entrare nella Compagnia di Gesù nel 1949 a Shadowbrook, Lenox (Massachusetts), dove ha trascorso quattro anni come novizio e professo semplice prima di spostarsi al Weston College di Weston (Massachusetts) per gli studi di filosofia. Nel 1956 venne mandato nella Missione gesuita di Baghdad per insegnare inglese al Baghdad College, la locale scuola superiore dei gesuiti. A questo seguirono un anno alla Fordham University per studiare russo e tre anni di teologia, di nuovo a Weston.

Durante gli anni di teologia, Taft riuscì a realizzare un sogno che coltivava fin dal noviziato: passare al rito bizantino nella Chiesa greco-cattolica (Rutena). Ordinato presbitero nel 1963, trascorse l’anno successivo – l’ultimo della sua formazione come gesuita – a Drongen in Belgio. Nel 1965 un altro sogno si realizza: studiare liturgia orientale, come allievo del noto studioso Juan Mateos s.j., al Pontificio Istituto Orientale a Roma. Dopo il dottorato con una tesi dal titolo “Il Grande Ingresso” (cioè la preparazione, la processione e gli altri riti associati alle offerte nella Liturgia di San Giovanni Crisostomo), Taft studiò lingue orientali a Leuven (Belgio) per due anni. Tornò all’Istituto Orientale nel 1971 per assumervi l’insegnamento di Liturgia orientale, copta e armena. È stato anche per lunghi anni redattore di Orientalia Christiana Periodica, la rivista accademica dell’Istituto. Dopo aver insegnato come visiting professor nel Dipartimento di teologia della Notre Dame University (Indiana) e come ricercatore presso il Centro di Studi bizantini al Dumbarton Oaks dell’Università di Harvard a Washington, DC, tornò all’insegnamento a pieno tempo all’Istituto Orientale, fino alla pensione nel 2003.

Durante tutto il periodo romano, Taft ha anche svolto il servizio di consultore presso la Congregazione per le Chiese orientali. Il suo più grosso contributo in questa veste è stato probabilmente il suo supporto alla decisione del Pontifico Consiglio per l’Unità dei cristiani (2003) di riconoscere la validità dell’Anafora di Addai e Mari della Chiesa Assiro-Orientale, una preghiera eucaristica che non contiene parole letterali di istituzione. Taft è stato anche insignito come membro della British Academy e nominato archimandrita mitrato della Chiesa cattolica ucraina nel 1998: spesso si vantava di poter indossare due croci pettorali!

Taft si è anche molto prodigato nel promozione degli studi liturgici a livello mondiale. Era particolarmente orgoglioso del suo sostegno all’insegnamento e al ministero da parte delle donne. È stato membro fondatore dell’Accademia di Liturgia del Nord-America, dalla quale ha poi ricevuto nel 1985 il prestigioso Premio Berakah, dell’associazione ecumenica internazionale Societas Liturgica e anche uno dei fondatori della Società per la Liturgia Orientale.

Taft è ancor meglio conosciuto come uno studioso d’eccezione, la cui bibliografia contempla più di 800 titoli. Pur estremamente scrupoloso nei suoi studi, ha avuto il dono di saper comunicare in un linguaggio molto leggibile. Le opere forse più note sono il suo studio magistrale sull’Ufficio Divino: La liturgia delle ore in oriente e in occidente. Le origini dell’fficio e il suo significato per oggi e Oltre l’oriente e l’occidente. Per una tradizione liturgica viva, quest’ultimo un’eccellente raccolta di saggi con cui ogni aspirante studente di liturgia deve assolutamente confrontarsi. L’ultimo dei cinque volumi della sua monumentale storia della Liturgia bizantina di San Giovanni Crisostomo – sull’anafora o preghiera eucaristica – è in preparazione. Il primo volume – sui Riti d’ingresso e la Liturgia della Parola – pubblicato in francese da Mateos è in fase di riscrittura.

Taft era conosciuto non solo come studioso e docente, ma anche per il suo spirito arguto. Il suo linguaggio era sovente pepato e poteva essere caustico nei confronti di chi considerava scarso di intelligenza, capacità di apprendimento o di giudizio. Era contento quando spesso gli ricordavo che dietro il suo aspetto rude si nascondeva un cuore di pietra! In realtà aveva un animo generoso, nobile e gentile, ma non voleva che troppi lo sapessero. È stato davvero un ottimo amico per me e per molti, molti altri che hanno studiato con lui o che lo hanno conosciuto attraverso il suo lavoro come studioso e come prete gesuita.

Robert Taft si è ritirato nel 2012 nella casa di cura dei gesuiti Campion Center a Weston, dove da giovane aveva studiato filosofia e teologia. Ha continuato a scrivere e parlare finché la salute lo ha sostenuto. Nell’estate 2017 ha ricevuto l’ultimo di numerosissimi dottorati honoris causa dell’Università cattolica ucraina di Leopoli, che aveva aiutato a finanziare. 

Padre Taft (o Taftie, come lo chiamavamo noi gesuiti e molti amici) è morto nella pace oggi, solennità di Tutti i Santi. Possa questo buon uomo, prete e gesuita riposare nella pace del Signore che ha amato e servito così bene.

John F. Baldovin, S.J.
Boston College

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