Sotto lo sguardo della Parola

Fratelli, sorelle,

tra i fondamenti imprescindibili e irrinunciabili della vita monastica vi è la preghiera. Come Gesù ha pregato sia nella liturgia sinagogale che nella solitudine, così per te, monaco, dice la Regola, “la preghiera è un dovere radicale, la tua funzione primaria nella chiesa” (RBo 35).

Ascoltare la Parola nella preghiera comunitaria (RBo 35), cercare il suo volto nella preghiera personale (RBo 36), ascoltare Dio nel silenzio della cella (RBo 37): questo – sottolinea la Regola - è ciò a cui tende la preghiera. E la tradizione monastica e noi a Bose abbiamo sempre dato una forma precisa a questo ascolto e a questa ricerca: la lectio divina, elemento essenziale della disciplina spirituale personale quanto della preghiera comune nella forma della veglia del sabato sera tutta protesa verso la “preghiera delle preghiere, l’eucaristia domenicale” (RBo 37). Poco importa che la lectio, che comunque resta una forma di preghiera, non sia nominata nella Regola: la pratica della comunità è qui regola vivente. Tra i testi fondatori di Bose si dice, a proposito della lectio divina: “Per penetrarti dello spirito dell’Evangelo, per vivere di esso, nella tua vita spirituale tu cercherai di ascoltarlo, di meditarlo, di ruminarlo, finché faccia corpo e unità con te stesso. Nella preghiera, durante le ore di lavoro, tu proseguirai la meditazione di esso e amerai mormorare la parola di Dio, con amore e attenzione” (Tracce spirituali, Evangelo). “La lectio divina deve essere fatta soprattutto come lettura spirituale, da cui prendere soccorso e aiuto per rinnovare ogni giorno la propria vita” (Tracce spirituali, La vita comune).

Questo è un elemento costitutivo della nostra vita da cui sempre si deve ricominciare, che non può mancare mai in ogni ricominciamento. Perché la lectio divina ci conduce alla sorgente genuina della vita di fede, ci guida alle fonti; perché è forma pratica della ricerca di Dio monastica, del quaerere Deum; perché è vitale in una comunità ecumenica in cui tutti riconoscono nelle Scritture, e massimamente nei vangeli, un luogo privilegiato di conoscenza del Signore Gesù; perché è ascesi quotidiana. Ascesi nei due sensi della parola: come rimando all’essenziale – e cosa vi è di più essenziale del vangelo? - e come sforzo, fatica. La fatica di alzarsi presto al mattino, lo sforzo di attenzione che la lettura, la meditazione e la preghiera richiedono. Perché affina il sensus fidei e nutre il sentire e pensare evangelico del monaco, conducendo anche persone senza particolari studi o strumenti ad avere un sentire evangelico acuto e a saper interpretare le Scritture con profondità. Perché aiuta l’unificazione della persona davanti al Signore e a vivere la quotidianità delle proprie giornate sotto lo sguardo della Parola di Dio meditata nella lectio mattutina e poi interiorizzata e memorizzata. Perché aiuta a pensare la fede, a farla propria e a renderla dinamica e vivente nella vita personale e nella preghiera comunitaria. Perché solo il radicamento nella Parola di Dio contenuta nelle Scritture consente di evitare le cadute nel devozionalismo e nella tentazione di forme di preghiera devozionistiche e pie assunte come forma comunitaria. Perché ci allena a quell’ascolto che è la radice dell’autentica preghiera cristiana, ma anche della fede e dell’amore.

Qui si pone però per noi una questione, una domanda. In una lectio divina comunitaria di Quaresima di molti anni fa, Enzo, commentando il Salmo 95, pose il problema spirituale del rapporto tra la Parola e le parole. Quanto e quale ascolto della Parola di Dio nella lectio divina da parte di ciascuno di noi e quanto e quale ascolto delle tante parole che altri dicono e soprattutto ci raggiungono attraverso i mezzi di comunicazione? Oggi il problema è infinitamente più grave per il moltiplicarsi e l’essere divenuti alla portata di tutti, di strumenti potenti di comunicazione, di informazione, che ci rubano sempre più tempo e attenzione, che ci sottraggono al silenzio e ci privano della solitudine, e fanno pendere la bilancia del rapporto tra ascolto della Parola e delle parole sempre più dalla parte di queste ultime. Stiamo attenti che il primato della Parola che la lectio cerca di tenere vivo, non sia soffocato dal troppo dell’ascolto di altre parole. Allora, il cristianesimo della Parola rischierebbe di divenire un cristianesimo parolaio.

Perciò, fratelli e sorelle, siamo sobri e viglianti, perché il nostro Avversario, il Divisore, come leone ruggente, si aggira cercando una preda da divorare. Resistiamogli saldi nella fede e perseveranti nel quotidiano piegarci sulla Parola di Dio contenuta nella santa Scrittura nella lectio divina personale. E tu, Signore, abbi pietà di noi.

fratel Luciano