Jendi saint
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Ma leggiamo anche come la lavanda dei piedi da parte di Gesù dica la stessa cosa, e come Gesù per entrambi i gesti comandi: «Fate questo in memoria di me», oppure: «Fate questo come io ho fatto a voi». Due gesti, due memorie comandate per una sola realtà: Gesù che dà la vita per noi. Conosciamo bene questa narrazione della lavanda, descritta con precisione e con una lentezza che ci invita a sostare anche sui particolari dell’agire di Gesù. È impressionante, ma è una scena in cui le parole sono semplicemente di troppo. È un fare di Gesù; di più, direi che per Giovanni è veramente l’opera, quell’opera di cui più volte ha parlato nel quarto vangelo, l’opera di Gesù, l’opera del Figlio, ma che adesso diventa un’azione, un fare.
Avete sentito: Gesù si alza da tavola, depone le vesti, prende l’asciugamano, se lo cinge ai fianchi, versa l’acqua nel catino, lava i piedi ai discepoli. È Gesù che opera, che fa, totalmente protagonista, non ha né inservienti né assistenti. Perché quel gesto che riassumeva tutta la sua vita e che prefigurava la sua morte, in sintonia a come aveva vissuto al servizio degli altri, lui solo e solo così poteva farlo. È il fare dello schiavo – lo sappiamo bene – verso il suo Signore; ma è anche il gesto che può essere fatto per amore da parte del discepolo verso il suo rabbi; ed è anche il gesto che poteva essere fatto per amore da parte del figlio verso il padre vecchio e anziano. Solo in quei casi era possibile quel gesto: o per amore del figlio e del discepolo, o per obbedienza dello schiavo. Un gesto, dunque, che è di umiliazione ma che può anche essere di relazione, di affetto. E non possiamo dimenticare che, se questo è il gesto compiuto quella sera da Gesù verso i suoi discepoli, l’unica che aveva fatto a lui quel gesto, l’unica – non glielo hanno mai fatto i discepoli –, l’unica era quella prostituta che gli lavò i piedi e per la quale Gesù ha dovuto dire che quel gesto era una narrazione di amore (cf. Lc 7,36-47; Mc 14,3-9).