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#Sogno #salmo126

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Quando in sue mani il Signore
riprese le sorti di Sion,
era per noi come un sogno.
Allora di sorriso fiammeggiarono le labbra,
lingua e bocca esplosero di gioia.
E tra le genti corse la voce:
“Oh, quali grandi cose ha fatto per loro il Signore!”.
Grandi cose ha fatto per noi il Signore:
ubriachi eravamo di gioia.
Come i torrenti del Negheb
il Signore fa rifluire
le nostre genti disperse.
Chi semina nel pianto
nella gioia mieterà:
Chi porta il sacco della semente
se ne va con lacrime,
ma come canterà di gioia
quando tornerà, le spalle cariche dei propri covoni!

(Traduzione di David Maria Turoldo)

Ciao amica,
Ciao amico,

ecco a voi un salmo breve, toccante, appartenente alla famiglia dei canti delle salite, cioè di quei salmi che venivano pregati dai pellegrini che salivano verso Gerusalemme. A parlare è un “noi” corale, che sa fare memoria dei prodigi che il Signore ha operato nella storia del suo popolo, della liberazione dalla schiavitù babilonese e del ritorno in patria dei deportati. Mentre il Signore agisce nel rinnovare l’umanità, nel ricondurla a sé, siamo chiamati a vivere una gioia straripante, un sorriso fiammeggiante, un’esplosione di giubilo, come in un sogno. Siamo invitati a sognare insieme, a immaginare profeticamente un mondo nuovo, a fare nostro il sogno di Dio. Nell’enciclica Fratelli tutti, papa Francesco ci ricorda l’importanza del sogno, di quei sogni diurni e grandiosi, che rendono la nostra vita creativa, capace di rinnovamento, aperta alla speranza: “‘Com’è importante sognare insieme! … Da soli si rischia di avere dei miraggi, per cui vedi quello che non c’è; i sogni si costruiscono insieme’. Sogniamo come un’unica umanità, come viandanti fatti della stessa carne umana, come figli di questa stessa terra che ospita tutti noi, ciascuno con la ricchezza della sua fede o delle sue convinzioni, ciascuno con la propria voce, tutti fratelli!”. La prima parte è una citazione di un testo molto bello, il Discorso nell’Incontro ecumenico e interreligioso con i giovani tenuto a Skopje (Macedonia del Nord) il 7 maggio 2019. Ecco qualche passaggio: “Quale maggior adrenalina che impegnarsi tutti i giorni, con dedizione, ad essere artigiani di sogni, artigiani di speranza? I sogni ci aiutano a mantenere viva la certezza di sapere che un altro mondo è possibile e che siamo chiamati a coinvolgerci in esso e a farne parte col nostro lavoro, col nostro impegno e la nostra azione … Ecco, bisogna … diventare bravi scalpellini dei propri sogni. Dobbiamo lavorare sui nostri sogni. Uno scalpellino prende la pietra nelle sue mani e lentamente comincia a darle forma e trasformarla, con applicazione e sforzo, e specialmente con una gran voglia di vedere come quella pietra, per la quale nessuno avrebbe dato nulla, diventa un’opera d’arte … Cari giovani, non abbiate paura di diventare artigiani di sogni e artigiani di speranza. D’accordo? … Non permettiamo che ci rubino i sogni, no, state attenti! Non priviamoci della novità che il Signore ci vuole regalare. Troverete molti imprevisti, molti…, ma è importante che possiate affrontarli e cercare creativamente come trasformarli in opportunità. Ma mai da soli; nessuno può combattere da solo”.

Un vescovo brasiliano, un profeta del secolo scorso, uno dei promotori del “Patto delle catacombe” alla fine del Concilio Vaticano II, dom Hélder Câmara, amava ripetere: “Se una persona sogna da sola il suo rimane sempre un sogno; ma se in molti sognano la stessa cosa, presto il sogno diventa realtà”. Non c’è niente di più triste che vedere le nostre comunità che hanno smesso di sognare: a parole si richiamano al Vangelo e a Gesù Cristo che ha dato carne al sogno di Dio, e poi nei fatti smentiscono quello stesso sogno, vivendo una vita da incubo, senza passione e senza amore. Il salmo 126 ci ricorda che chi aderisce al sogno di Dio rischia di vivere con le lacrime agli occhi, nel suo cammino sperimenterà il pianto della solitudine, dell’indifferenza, del fraintendimento, dell’accusa di essere un sognatore idealista, che non ha appiglio sulla realtà, ma di tutto questo non si cura, sa che è il Signore che fa grandi cose “per noi” (ma si può tradurre anche “con noi”!), è lui che continuerà l’opera intrapresa: come i torrenti che travolgono il deserto del Negheb nella stagione delle piogge, così i profughi dispersi ritorneranno nelle loro terre. È il sogno di un’umanità riconciliata, ancora da realizzare, progetto che sta davanti a noi e che possiamo costruire nella nostra prosaica quotidianità, passo dopo passo, sogno dopo sogno.

Ci lasciamo con una canzone della Bandabardò, con l’augurio di fare sempre “sogni grandiosi”, non quelli perfetti delle favole, non quelli competitivi che ci pongono gli uni contro gli altri, ma quelli che nascono dai nostri cuori assetati d’amore e desiderosi di frutti di bene per tutti.

In piedi artigiani di sogni!