Due illusioni, un unico amore
9 maggio 2025
Dal Vangelo secondo Giovanni - Gv 6,16-29
In quel tempo 16venuta intanto la sera, i suoi discepoli scesero al mare, 17salirono in barca e si avviarono verso l'altra riva del mare in direzione di Cafàrnao. Era ormai buio e Gesù non li aveva ancora raggiunti; 18il mare era agitato, perché soffiava un forte vento. 19Dopo aver remato per circa tre o quattro miglia, videro Gesù che camminava sul mare e si avvicinava alla barca, ed ebbero paura. 20Ma egli disse loro: «Sono io, non abbiate paura!». 21Allora vollero prenderlo sulla barca, e subito la barca toccò la riva alla quale erano diretti. 22Il giorno dopo, la folla, rimasta dall'altra parte del mare, vide che c'era soltanto una barca e che Gesù non era salito con i suoi discepoli sulla barca, ma i suoi discepoli erano partiti da soli. 23Altre barche erano giunte da Tiberìade, vicino al luogo dove avevano mangiato il pane, dopo che il Signore aveva reso grazie. 24Quando dunque la folla vide che Gesù non era più là e nemmeno i suoi discepoli, salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafàrnao alla ricerca di Gesù. 25Lo trovarono di là dal mare e gli dissero: «Rabbì, quando sei venuto qua?».26Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. 27Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell'uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo». 28Gli dissero allora: «Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?». 29Gesù rispose loro: «Questa è l'opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato».
Nel corso della vita, esperienza comune è quella di azioni buone fraintese o ripagate male. È quello che è appena successo a Gesù: il suo amore generoso, capace di sfamare una grande folla, è stato letto alla luce di proiezioni che, oltre a snaturarlo, hanno provocato il ritiro di Gesù.
Prima di immergerci nel vangelo di oggi conviene dedicare la nostra attenzione a una finezza del vangelo di ieri: stando a Giovanni, solo la folla aveva riconosciuto in Gesù “il profeta, colui che viene nel mondo” (v. 14); ma, quanto a coloro che “venivano a prenderlo per farlo re” (v. 15) il testo è più ambiguo. Chi veniva? Solo la folla, o forse il loro entusiasmo aveva contagiato i discepoli? Il vangelo odierno spinge a favorire la seconda ipotesi, perché ci mostra due vie diverse, ma ugualmente fallimentari, di fraintendere o ripagare male il bene che Gesù ci offre: l’illusione di fare a meno di lui e quella di dovere meritare la sua attenzione.
I discepoli aprono le danze con la decisione di non aspettare Gesù: per loro l’arrivo della sera è un motivo sufficiente per partire. Anziché andare dietro di lui, preferiscono andarsene senza di lui! Pensano di cavarsela senza doversi affidare a quel maestro che non corrisponde alle loro idee. Con un solo risultato: faticare e non riuscire ad avanzare. Quando poi Gesù si muove verso la loro sterilità, la prima reazione è una paura in cui possiamo leggere anche il disagio di chi sa di essere nel torto. A fronte di questo fallimento, di ogni nostro fallimento, quanto sono rassicuranti le parole di Gesù: “Sono io, non temete”! Gesù è il maestro che non punta continuamente il dito contro le nostre mancanze: chiede soltanto di accoglierlo, anche quando non soddisfa i nostri sogni di grandezza.
Il tempo di arrivare a destinazione, e inizia un nuovo confronto tra Gesù e la folla che lo ha cercato con insistenza: ricerca che, ci suggerisce Giovanni, è tutt’altro che positiva se i suoi fondamenti non sono sani, ma che Gesù prova a usare come punto di partenza per un cammino di crescita. Si tratta di cercare in lui non più la risposta a ogni nostra mancanza, ma il segno che una vita più umana è possibile, nella condivisione e nel rendimento di grazie a Dio, Padre di ogni essere umano.
Di fronte a questa risposta potremmo chiedere, come fanno quegli uomini a Cafarnao: che cosa dobbiamo fare per meritarcelo? Ma così finiremmo fuori strada come loro, perché il merito ci divide, mentre la condivisione e il rendimento di grazie ci uniscono nelle nostre specificità e differenze. No, ci dice Gesù, non dobbiamo moltiplicare le nostre presunte opere buone, dobbiamo piuttosto metterci in una posizione di attesa fiduciosa rivolta a colui che Dio ha inviato per narrarci la sua pazienza e la sua misericordia. “Opera” in cui non dobbiamo affannarci ma affidarci… e questo può essere tanto faticoso da spingerci a pensare di salvarci da soli o a cercare sempre nuove esperienze; ma di fronte ai nostri sbagli, Gesù continuerà a ripeterci: “Sono io, non temete!”.
fratel Federico