Parole come mandorle

immagine satellitare - Foto di USGS su Unsplash
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13 maggio 2025

Dal Vangelo secondo Giovanni - Gv 6,59-70

In quel tempo 59Gesù disse queste cose, insegnando nella sinagoga a Cafàrnao. 60Molti dei suoi discepoli, dopo aver ascoltato, dissero: «Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?». 61Gesù, sapendo dentro di sé che i suoi discepoli mormoravano riguardo a questo, disse loro: «Questo vi scandalizza? 62E se vedeste il Figlio dell'uomo salire là dov'era prima? 63È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che io vi ho detto sono spirito e sono vita. 64Ma tra voi vi sono alcuni che non credono». Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito. 65E diceva: «Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre».
66Da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui. 67Disse allora Gesù ai Dodici: «Volete andarvene anche voi?». 68Gli rispose Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna 69e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio». 70Gesù riprese: «Non sono forse io che ho scelto voi, i Dodici? Eppure uno di voi è un diavolo!».


Parole dure o parole di vita? Parole che scandalizzano o che conquistano? Forse non si tratta di un’alternativa. Forse solo la durezza di certe parole può custodirne la dolcezza, come il guscio la sua mandorla.

Nel libro dell’Apocalisse un angelo offre a Giovanni un piccolo libro da mangiare, in bocca dolce come il miele, nel ventre amaro come il fiele; qui, nella sinagoga di Cafarnao, Gesù serve un discorso duro da masticare, ma nutriente e irresistibile per chi lo riesce a degustare.

“Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna” – dice – e come non restarne turbati? Magari noi siamo già troppo assuefatti a un linguaggio figurato, troppo abituati a un simbolismo eucaristico per lasciarci sconvolgere dal realismo di queste espressioni. Forse ci sentiamo già a tal punto cristiani da tagliare corto con Pietro: Noi? Noi abbiamo creduto e conosciuto; noi non ci scandalizziamo più. E così però finiamo per non accorgerci nemmeno del diavoletto che in noi oppone resistenza. Se ne sta buono buono accanto a Gesù, ma la strada la decide da sé; lascia entrare le parole del Maestro da un orecchio accompagnandole garbatamente ad uscire dall’altro; si accosta, magari con devozione, al corpo del Signore, ma senza lasciarsene trasformare né avvertirne l’appello esigente: “Dov’è tuo fratello?” (Gen 4,9).

Se prendessimo sul serio la parola che ascoltiamo e il pane che spezziamo, se non fossimo abituati a trangugiare l’una e l’altro già sgusciati e sterilizzati, saremmo costretti anche noi ad ammettere: “Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?”.

Allora, il Signore ci prenderebbe per mano e ci condurrebbe pian piano ad esaminare noi stessi, per non essere né tra chi se ne va troppo facilmente, né tra chi resta ma troppo alla leggera. Ci inviterebbe a prendere sul serio la durezza della sua parola, ma senza scoraggiarci, perché se siamo lì ad ascoltare è già per pura grazia. Forse non capiamo, non crediamo, siamo tormentati da dubbi e perplessità per quelle parole così spigolose? Ebbene, Gesù proprio per questo ci dice: “Nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre”. Sei qui? Questo è già dono. Non scoraggiarti, resta. Rimani qui, con tutte le tue incredulità, con tutte le tue resistenze alla durezza esigente della sua parola. Rimani qui, perché questo sì dipende da te.

Rimani e permetti allo Spirito di parlare al tuo spirito (Rm 8,16), come ha fatto con Pietro. Lo Spirito vivente al cuore della dura lettera di una parola, nascosto tra le fibre di carne di quel pane e quel vino, scuoterà la spalla del tuo spirito addormentato, sussurrandogli con dolce fermezza: “Svegliati!”. I due si specchieranno l’uno negli occhi dell’altro, e l’uomo nuovo che già ha iniziato a vivere in te si abbandonerà all’entusiasmo e, dimentico di ogni fatica, esulterà: “Tu hai parole di vita eterna”. Pazienza se sono dure queste parole di vita, infrangeranno il mio cuore di pietra e me ne daranno uno di carne, “sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna” (Gv 4,14).

fratel GianMarco