Come bambini capricciosi
16 luglio 2025
Mt 11,16-24
In quel tempo Gesù disse:" 16A chi posso paragonare questa generazione? È simile a bambini che stanno seduti in piazza e, rivolti ai compagni, gridano:
17«Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato,
abbiamo cantato un lamento e non vi siete battuti il petto!».
18È venuto Giovanni, che non mangia e non beve, e dicono: «È indemoniato». 19È venuto il Figlio dell'uomo, che mangia e beve, e dicono: «Ecco, è un mangione e un beone, un amico di pubblicani e di peccatori». Ma la sapienza è stata riconosciuta giusta per le opere che essa compie».
20Allora si mise a rimproverare le città nelle quali era avvenuta la maggior parte dei suoi prodigi, perché non si erano convertite: 21«Guai a te, Corazìn! Guai a te, Betsàida! Perché, se a Tiro e a Sidone fossero avvenuti i prodigi che ci sono stati in mezzo a voi, già da tempo esse, vestite di sacco e cosparse di cenere, si sarebbero convertite. 22Ebbene, io vi dico: nel giorno del giudizio, Tiro e Sidone saranno trattate meno duramente di voi. 23E tu, Cafàrnao, sarai forse innalzata fino al cielo? Fino agli inferi precipiterai! Perché, se a Sòdoma fossero avvenuti i prodigi che ci sono stati in mezzo a te, oggi essa esisterebbe ancora! 24Ebbene, io vi dico: nel giorno del giudizio, la terra di Sòdoma sarà trattata meno duramente di te!».
Il Vangelo di oggi inizia con una domanda che Gesù rivolge ai suoi interlocutori, ma forse anche a ciascuno di noi: a chi può paragonare i suoi contemporanei, quella generazione così diversa eppure così simile a ogni generazione?
da che Gesù rivolge ai suoi interlocutori, ma forse anche a ciascuno di noi: a chi può paragonare i suoi contemporanei, quella generazione così diversa eppure così simile a ogni generazione?
Abbiamo qui lo sguardo di giudizio di Gesù su “questa generazione”. Uno sguardo non “giudicante” ma che con onestà e coraggio cerca di far emergere la realtà, i nodi problematici. Uno sguardo che vorrebbe fortemente destare dal sonno e, sempre e comunque, riportare su vie di bene.
Spesso la Scrittura ci presenta due vie, quella del bene e quella del male, e ci chiede di discernere, di operare piccole e grandi scelte sulla strada del bene, per costruire la strada del bene. E il bene è spesso intrecciato e contaminato da vie mortifere, che magari neanche sappiamo riconoscere, è spesso confuso in benessere o effimero sospiro. Il bene, che chiede di farsi spazio tra le pieghe del quotidiano, non può che essere “bene” per tutti.
Lo sguardo di Gesù si esplicita con un paragone, come spesso accade nei racconti evangelici, quasi a voler essere più prossimo alla vita ordinaria, a quel che ciascuno può comprendere. Qui il riferimento è al giocare dei bambini. Siamo lontani dalle immagini dei bambini che compariranno nel seguito del Vangelo secondo Matteo, che invita a convertirsi per diventare “come bambini”, perché solo così si può entrare nel regno dei cieli (cf. Mt 18,3), “perché il regno dei cieli è per chi assomiglia a loro” (Mt 19,14), per gli ultimi, per chi non conta nulla, per chi non ha nulla da perdere, per chi ha uno sguardo non inquinato.
Qui il parallelo di Gesù allude a bambini perennemente insoddisfatti e capricciosi, bambini che si stufano del gioco prima ancora di cominciarlo, trovandolo o troppo allegro o troppo triste. Sono bambini che, come sempre accade, riproducono quel che vedono: feste di nozze, con danze, e sepolture, con lamenti ripetuti, intrecci di vita e di morte. Sono bambini però che, come gli adulti, rischiano di implodere nella loro incapacità di decidere in verità quale postura avere nella vita: si lamentano e criticano tutto e il contrario di tutto, con scuse nuove e alibi antichi, salvo poi magari voler decidere come devono comportarsi gli altri.
Potrebbe essere un rischio, in fondo, anche per la nostra generazione? Per ciascuno di noi?
Qui Gesù fa riferimento a che cosa la gente dice di Giovanni il Battista, così come del comportamento diverso di Gesù quanto al mangiare e al bere. E riporta l’attenzione alle opere della sapienza, opere giuste, non menzognere.
In maniera simile anche intere città non sanno, o non vogliono, decidersi pur avendo ricevuto molti miracoli per opera di Gesù. Sono città che restano ottuse all’annuncio del Vangelo. Città pagane, invece, sembrano maggiormente disponibili a convertirsi, a cambiare comportamento.
Gesù parla di “giorno del giudizio”, della possibilità di precipitare “agli inferi”: ma Gesù non è forse venuto ad annunciare la misericordia di Dio? Sì, e allora potremmo chiederci: noi siamo disposti a lasciarci interpellare dal Vangelo? A lasciarci trasformare non per paura ma riconoscendo i “prodigi” che avvengono in noi?
sorella Silvia