Una fede che stupisce
15 settembre 2025
Dal Vangelo secondo Luca - Lc 7,1-10 (Lezionario di Bose)
In quel tempo, Gesù, 1quando ebbe terminato di rivolgere tutte le sue parole al popolo che stava in ascolto, entrò in Cafàrnao. 2Il servo di un centurione era ammalato e stava per morire. Il centurione l'aveva molto caro. 3Perciò, avendo udito parlare di Gesù, gli mandò alcuni anziani dei Giudei a pregarlo di venire e di salvare il suo servo. 4Costoro, giunti da Gesù, lo supplicavano con insistenza: «Egli merita che tu gli conceda quello che chiede - dicevano -, 5perché ama il nostro popolo ed è stato lui a costruirci la sinagoga». 6Gesù si incamminò con loro. Non era ormai molto distante dalla casa, quando il centurione mandò alcuni amici a dirgli: «Signore, non disturbarti! Io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto; 7per questo io stesso non mi sono ritenuto degno di venire da te; ma di' una parola e il mio servo sarà guarito. 8Anch'io infatti sono nella condizione di subalterno e ho dei soldati sotto di me e dico a uno: «Va'!», ed egli va; e a un altro: «Vieni!», ed egli viene; e al mio servo: «Fa' questo!», ed egli lo fa». 9All'udire questo, Gesù lo ammirò e, volgendosi alla folla che lo seguiva, disse: «Io vi dico che neanche in Israele ho trovato una fede così grande!». 10E gli inviati, quando tornarono a casa, trovarono il servo guarito.
Indaffarati nelle nostre vite segnate da impegni e scadenze, spesso troviamo più comodo incasellare persone e gesti nei nostri schemi mentali anziché lasciarcene smuovere: altrimenti, non metteremmo a rischio proprio quegli impegni e scadenze?
Non così Gesù, che, appena concluso il suo primo discorso importante, rientra a Cafarnao, sua base operativa. Quali che fossero i suoi piani, questi sono scombussolati da un ufficiale dell’esercito romano, di cui Luca preferisce dirci subito l’essenziale: un suo giovane servo, uno schiavo, è in punto di morte.
Agli occhi del centurione, questo schiavo non è solo una proprietà ma una persona cara – primo segno che ci troviamo di fronte a un uomo attraversato da contraddizioni, che fatica a rientrare in schemi precostituiti. È però quanto riferito dai notabili giudei a richiamare l’attenzione. Questo esponente di una forza di occupazione, che giorno dopo giorno opprimeva e umiliava gli abitanti di quella terra – fattore comune a tutte le forze di occupazione, allora e oggi “strumenti ciechi d’occhiuta rapina” – ama il popolo che opprime, fino a spendersi in suo favore. Non a caso, quei mediatori affermano: “Egli merita che tu gli conceda quello che chiede”. Fin qui siamo di fronte a un episodio notevole ma non sconvolgente, perché il merito ha sempre crediti da riscuotere, e anche la generosità rientra nei ranghi.
È solo quando Gesù ha già accettato questo fuori programma che ha luogo una nuova ambasceria, con un messaggio talmente radicale da suscitare il suo stupore: è l’unica volta in tutta l’opera di Luca che il verbo thaumázo ha per soggetto Gesù. Per quale ragione? Le parole del centurione ci spingono a coglierne almeno due.
In primo luogo, il centurione scarta con fermezza la logica del merito e si dichiara indegno della misericordia di Gesù, ma al tempo stesso riconosce che sola essa può operare la salvezza di chi gli è caro. Lo fa con parole quasi uguali a quelle che ripetiamo ad ogni eucaristia quando stiamo per accedere alla tavola del Signore: quella che per noi può ridursi a una formula pronunciata meccanicamente è per quell’uomo l’espressione di una verità tanto semplice quanto fondamentale.
Ma il centurione non si ferma a questo: giunge a questa verità a partire da un’altra verità, quella che lo vede essere un anello di una catena di comando il cui vertice schiaccia i sottoposti e pretende di essere acclamato benefattore (cf. Lc 22,25). È grazie al suo far parte di una vera e propria struttura di peccato che intuisce che quel Gesù di cui ha sentito parlare fa parte di un’altra catena di comando, in cui egli è stato sì inviato (cf. Lc 4,43), ma a rimettere in libertà gli oppressi (cf. Lc 4,18).
Anche in questa pagina, è la fede che salva; e non salva il centurione ma colui che gli è caro. Ma dopo avere puntato l’attenzione su di lui, la Parola si rivolge a noi che l’abbiamo ascoltata: siamo in grado, considerando le nostre vite talvolta contorte, non sempre smaglianti, di scoprire che Gesù è il Signore che ci sorregge con la sua misericordia?
fratel Federico