Dimorare nell’ “essere salvati”

Giovanni Frangi
Giovanni Frangi

29 ottobre 2025

Dal Vangelo secondo Luca - Lc 13,22-30 (Lezionario di Bose)

In quel tempo, Gesù 22passava insegnando per città e villaggi, mentre era in cammino verso Gerusalemme. 23Un tale gli chiese: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?». Disse loro: 24«Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno. 25Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, voi, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: «Signore, aprici!». Ma egli vi risponderà: «Non so di dove siete». 26Allora comincerete a dire: «Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze». 27Ma egli vi dichiarerà: «Voi, non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!». 28Là ci sarà pianto e stridore di denti, quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio, voi invece cacciati fuori. 29Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio. 30Ed ecco, vi sono ultimi che saranno primi, e vi sono primi che saranno ultimi».


L’evangelista Luca ci ricorda che Gesù si sta dirigendo verso Gerusalemme. La città santa sarà il luogo della sua passione, morte e resurrezione, ma anche il luogo in cui il suo evangelo raggiungerà, in cerchi concentrici, la Giudea, la Samaria e i confini della terra (cf. At 1,8). Gerusalemme rappresenta dunque un compimento – il compimento dell’amore – e un cominciamento radicale, un nuovo inizio per l’umanità intera.

In questo suo cammino Gesù non smette di annunciare la “salvezza”, che non riguarda soltanto il futuro e l’aldilà, ma è fermento nell’oggi della storia, è proposta di vita piena per tutti gli esseri umani, è risanamento dell’intera creazione.

La domanda di un anonimo all’inizio del brano di oggi è la nostra titubanza di fronte a questo annuncio, all’evangelo della salvezza, alla buona notizia dell’amore di Dio che travalica confini. Noi ossessionati dai numeri e dalle statistiche e sempre perplessi di fronte all’amore gratuito (“l’amore va meritato”, “deve esserci un secondo fine”, pensiamo) non crediamo fino in fondo alle parole del Maestro.

Per Gesù non è una questione di numeri. Tutte e tutti hanno accesso alla salvezza. O meglio: all’essere umano è impossibile “salvarsi” (cf. Lc 18,26-27); veniamo salvati per l’amore gratuito del Padre. “Salvare” o “salvarsi” non è possibile; “essere salvati” sì. A noi tocca dimorare in questo “passivo divino”. 

Lo “sforzo” da fare è solo questo. Non si tratta di un impegno strenuo in un perfezionismo morale o di una profusione generosa di energie in pratiche che a lungo andare ci dissanguano. L’imperativo che Gesù usa è “lottate” (agonízesthe). La lotta è di natura “spirituale”. L’insegnamento paolino illumina: “La nostra battaglia non è contro la carne e il sangue, ma contro i principati e le potenze, contro i dominatori di questo mondo tenebroso, contro gli spiriti del male” (Ef 6,12). 

La lotta è un esercizio di lucidità che ci conduce a una vita umana amante del bene, che ci chiede di prendere le distanze da ciò che umano non è, da ciò che bene non è. La porta – rincara Gesù – è stretta. Quindi, bisogna abbassarsi, assottigliarsi, riconoscersi per quello che si è: piccoli, fragili, “ultimi”. Non bisogna fare di più, aggiungere, aumentare, ma restare umili, come terra assetata di acqua e desiderosa di sole.

Gesù non ci propone un modello di rinuncia, di soli sacrifici. Qui si parla anche di porta chiusa: la porta stretta non rimane sempre aperta. Occorre che il nostro cuore rimanga aperto ad accogliere la misericordia del Signore. Se il nostro cuore è blindato, ci autoescludiamo dall’amore del Padre. 

Se non entriamo in uno stato di conversione integrale e ci riteniamo giusti e arrivati, la porta stretta diventa portone sbarrato. È il pericolo dei primi della classe, che si ritengono bravi e sapienti; è il pericolo delle persone “religiose”, che si reputano commensali del Signore e uditori del suo insegnamento. Per Gesù sono perfetti sconosciuti! La Parola ascoltata non è penetrata nella loro vita, non è diventata prassi. Hanno mangiato il pane ma non sono diventati essi stessi pane per i fratelli, per le sorelle. La loro iniquità sta nella presunzione di essere giusti e di non vivere la carità autentica.

fratel Giandomenico