Umani secondo il cuore di Dio
1 novembre 2025
Dal Vangelo secondo Matteo - Mt 5,1-12 (Lezionario di Bose)
In quel tempo, 1vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. 2Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:
3«Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli.
4Beati quelli che sono nel pianto,
perché saranno consolati.
5Beati i miti,
perché avranno in eredità la terra.
6Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,
perché saranno saziati.
7Beati i misericordiosi,
perché troveranno misericordia.
8Beati i puri di cuore,
perché vedranno Dio.
9Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio.
10Beati i perseguitati per la giustizia,
perché di essi è il regno dei cieli.
11Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. 12Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti perseguitarono i profeti che furono prima di voi».
Il termine che siamo soliti tradurre con “beati” è quello usato già nella versione greca dei Salmi per rendere l’espressione ebraica indicante una rettitudine di cammino, un’esortazione: “orsù, in cammino!” o, un po’ più liberamente, “coraggio!”. “Beati”, quindi, non sarebbe tanto un elogio, quanto piuttosto un incoraggiamento, appunto, a che non venga meno il cuore dei destinatari di queste parole così intessute del senso più profondo della nostra vita e delle sue vicissitudini.
Allora rileggere il brano evangelico delle beatitudini oggi, nella solennità della comunione dei santi, e farlo nella versione secondo Matteo, può aprirci lo sguardo ad orizzonti ancora più vasti di quelli – già così ampi – della comunità dei discepoli e delle discepole di Gesù di ogni tempo e di ogni luogo. Matteo, infatti, ha solo una beatitudine, l’ultima, rivolta direttamente ai discepoli con il “voi” ed è anche l’unica in cui Gesù fa riferimento alla propria persona - “per causa mia” – per motivare una caratteristica di quanti sono “beati”, quanti cioè hanno coraggiosamente intrapreso un cammino retto. Le altre beatitudini parlano alla terza persona plurale, narrano di un “loro”, di persone che non hanno necessariamente un rapporto di sequela con il Signore.
Questa pericope, allora, non è tanto la Magna Charta del discepolo del Signore – come pure si è soliti dire, non senza ragione – quanto piuttosto la Magna Charta dell’essere umano secondo Dio e, di conseguenza, la Magna Charta dei criteri di discernimento che i discepoli di Gesù hanno per conoscere il cuore umano. Come la parabola del giudizio finale di Matteo 25 descriverà le persone secondo Dio che non erano consapevoli di essere tali – e lo farà attraverso il loro modo di agire o di non agire – così qui gli esseri umani “secondo il cuore di Dio” vengono descritti principalmente attraverso il loro modo di essere. E l’atteggiamento degli uomini e delle donne dal cuore secondo Dio ci svela, al di là del loro essere o meno discepoli di Gesù di Nazaret, quali sono le modalità che Gesù ha assunto nel vivere in pienezza la propria umanità.
I poveri, allora, ci svelano qual è la ricchezza secondo Dio, quella vissuta da Gesù che “da ricco che era si è fatto povero per noi” (cf. 2Cor 8,9). I beati che piangono ci rivelano quali sono le lacrime di Dio, versate per il suo popolo divenuto sordo, come per l’amico vinto dalla morte. Gli affamati e gli assetati di giustizia ci narrano qual è la fame e la sete che abita il cuore di Gesù, il suo desiderio ardente, culminato nel grido sulla croce. Le persone misericordiose, miti, pure di cuore ci manifestano il cuore stesso di Gesù, mite e umile, che vuole misericordia e non sacrifici, il cuore purificato dall’abitare e dall’operare costantemente alla presenza del Padre. Chi si prodiga per lo shalom – la pace vera e piena, che discende dal cielo, ma che approda sulla terra solo se qualcuno le ha dissodato e continua a dissodarle il terreno – svela il Dio della pace che in Cristo ha riconciliato a sé il mondo intero.
Solo l’ultima beatitudine rivolta a un “loro” universale trova esplicito riscontro all’unica indirizzata al “voi” dei discepoli di Gesù: è la beatitudine, la retta via dell’inevitabile persecuzione, del patire a causa del proprio modo di essere e di agire secondo il cuore di Dio. Ed è qui, nella sofferenza della persecuzione comune ai discepoli e agli uomini e alle donne secondo Dio, che Gesù inserisce quel “a causa mia” capace di originare i “santi”, quei discepoli “separati” che in realtà condividono appieno la loro umanità, un’umanità che condividono con Gesù e con quei loro fratelli e sorelle che si ritroveranno un giorno a esclamare: “Quando mai, Signore, ti abbiamo visto?” (Mt 25,39).
Allora oggi, nel celebrare la benedizione rappresentata per noi dalla comunione dei santi discepoli di Cristo, noi celebriamo ancor più in profondità il dono grande dell’umano consorzio di donne e uomini sui quali Dio ha posto il suo compiacimento fin dal principio e per l’eternità.
fratel Guido