Non nascondiamoci di più!
6 novembre 2025
Dal Vangelo secondo Luca - Lc 15,1-10 (Lezionario di Bose)
In quel tempo, 1si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. 2I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». 3Ed egli disse loro questa parabola:
4«Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? 5Quando l'ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, 6va a casa, chiama gli amici e i vicini, e dice loro: «Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta». 7Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.
8Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? 9E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: «Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto». 10Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».
Nel vangelo di oggi leggiamo “una parabola” che Gesù rivolge a farisei e scribi di cui ha sentito la “mormorazione” perché vedono che “accoglie tutti i pubblicani e peccatori” e addirittura mangia con loro (cf. vv. 1-2). Il mormorare è una contestazione espressa a denti stretti, un borbottio interiore che Gesù coglie e a cui vuole rimediare rivolgendo loro la parola.
È un segno della pazienza, della disponibilità a lasciare una possibilità, anche per loro, di un cambiamento, di una “conversione”, come la pecora e la moneta che “ritornano” – altro modo per esprimere la conversione – da dove si sono perse. Il pastore e la donna, che cercano e trovano ciò che hanno perso, sono allora un ritratto del volto di Dio che Gesù non si stanca di raccontare e testimoniare. Possiamo sottolineare questi tratti.
Perdersi, smarrirsi sono collegati alla separazione dagli altri e l’effetto della ricerca è proprio un riportare alla comunione. Con gli altri e con colui che ha portato a termine la ricerca.
Pastore e donna non lesinano sforzi per cercare ciò che hanno perso. In entrambi i casi sembra che abbiano loro stessi una responsabilità per aver perso pecora o moneta. E rimediano andando per il deserto a cercare la pecora o spazzando con accuratezza la case “finché non trovano” (cf. vv. 4.8), senza soste, con apprensione, con determinazione. Sono immagine del Signore, del Dio che fin dal principio va alla ricerca dell’uomo che si smarrisce! D’altra parte spesso nella Scrittura troviamo che il popolo di Israele è paragonato a un gregge e il pastore è immagine di Dio e della cura che ha per il “suo” popolo. Oppure sappiamo che ogni uomo è immagine e somiglianza di Dio, proprio come sulla moneta è riportata l’effigie di colui a cui appartiene. Ecco quindi che le parole di Gesù ci ricordano che il nostro Dio ci cerca, ha il desiderio di non perderci, di riportarci insieme a coloro che hanno già sperimentato e vivono la comunione con lui (le novantanove pecore o le nove monete).
Anche se questa comunione si sfalda, viene meno, c’è sempre una possibilità di ristabilirla. È questo il senso della conversione, che si può descrivere come un rivolgere il nostro sguardo verso colui che ci cerca. Senza temere, senza la paura che Adamo sente dentro di sé nel giardino dell’in principio (cf. Gen 3,10). Senza avere paura del nostro essere smarriti, soli. Perché ognuno di noi è prezioso agli occhi di Dio ed è verso quegli occhi che ci viene chiesto di rivolgere i nostri!
Pecora e moneta non fanno nulla… tutto è dovuto all’opera di chi le ricerca! Quasi a dire: ci è chiesto solo di non nasconderci ancora di più.
E alla fine della ricerca ecco un altro tratto del volto di Dio. La sua gioia, il suo rallegrarsi interiore per aver concluso la sua ricerca, che diventa una gioia condivisa. Con gli amici, i vicini ma che raggiunge il cielo creando una comunione fra terra e cielo, proprio come annunciato dagli angeli alla nascita di Gesù a Betlemme (cf. Lc 2,10).
Il ritrovamento è come una nuova nascita per la pecora e un nuovo conio per la moneta. Nel racconto successivo questo viene detto esplicitamente: il figlio era morto ed è tornato in vita (cf. Lc 15,32).
Anche noi siamo invitati a rallegrarci e custodire questa gioia. Sempre.
fratel Marco