L’autorità di Gesù
2 dicembre 2025
Dal Vangelo secondo Matteo - Mt 21,23-27 (Lezionario di Bose)
In quel tempo, Gesù 23entrò nel tempio e, mentre insegnava, gli si avvicinarono i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo e dissero: «Con quale autorità fai queste cose? E chi ti ha dato questa autorità?». 24Gesù rispose loro: «Anch'io vi farò una sola domanda. Se mi rispondete, anch'io vi dirò con quale autorità faccio questo. 25Il battesimo di Giovanni da dove veniva? Dal cielo o dagli uomini?». Essi discutevano fra loro dicendo: «Se diciamo: «Dal cielo», ci risponderà: «Perché allora non gli avete creduto?». 26Se diciamo: «Dagli uomini», abbiamo paura della folla, perché tutti considerano Giovanni un profeta». 27Rispondendo a Gesù dissero: «Non lo sappiamo». Allora anch'egli disse loro: «Neanch'io vi dico con quale autorità faccio queste cose».
Appena prima di questo confronto, che Matteo oggi racconta, Gesù aveva detto ai discepoli:” Se avrete fede e non dubiterete …”, e prima ancora: ” Se avrete fede come un granello di senape …” (Mt 17,20). Ora è proprio la mancanza di fede dell’autorità religiosa ufficiale che Gesù smaschera. “Gerusalemme, Gerusalemme, tu che uccidi i profeti …” (Mt 23,37).
Nella sua presenza a Gerusalemme, appena prima degli eventi della Croce e della Resurrezione, Gesù è costantemente contrastato dai rappresentanti religiosi, mentre egli cerca con parabole e ammonimenti di farli coscienti del loro indurimento di cuore.
Alla domanda sull’autorità con cui Gesù guarisce e annuncia l’evangelo, egli risponde con un’altra domanda. Non può infatti rispondere se loro non chiariscono la loro posizione di fronte al battesimo di Giovanni nel deserto. Veniva da Dio o dagli uomini? Giovanni con il suo battesimo denunciava il male e annunciava il perdono di Dio. Egli già indicava il male presente in loro: “Razza di vipere…. fate un frutto degno della conversione!”. Giovanni riassumeva nel suo ministero profetico quell’appello alla conversione che attraversa tutto l’Antico Testamento. Credere alle profezie porta a credere in Gesù.
I capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo “discutevano fra loro”. Sono in un mondo chiuso che non si apre ad altre domande, se non a quelle di cui conoscono già le risposte. Si sentono depositari della verità, ma non è una verità che rende liberi. Nei loro ragionamenti prevale la paura, paura di “perdere la faccia”, paura di essere contestati dalla folla che vedeva in Giovanni un profeta. La loro esitazione rivela mancanza di fede e, come dice Giacomo nella sua epistola, chi è diviso nel cuore, esitante, indeciso, instabile, come può ricevere qualcosa da Dio (cf. Gc 1,6-7)? Quel “non sappiamo” non è confessione della loro insufficienza ma è non rispondere per non compromettersi.
Poco dopo Gesù dirà loro: “I pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel Regno di Dio: Giovanni infatti venne a voi sulla via della giustizia e non gli avete creduto: i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, avete visto queste cose, ma poi non vi siete nemmeno pentiti così da credergli.”
L’autorità di Gesù è potere a servizio dell’uomo, mentre l’autorità di quei capi religiosi è al servizio di una istituzione diventata ormai fine a sé stessa. Quell’autorità, quel potere che Gesù aveva rifiutato di ricevere da Satana al momento delle tentazioni nel deserto, gli saranno invece dati da Dio. Il Risorto dirà ai discepoli: “A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito santo” (Mt 28,18-19).
fratel Domenico