Riconoscere l’inatteso
7 dicembre 2025
II Domenica di Avvento
Matteo 3,1-12 (Is 11,1-10 – Rm 15,4-9)
di fratel Guido Dotti
1In quei giorni venne Giovanni il Battista e predicava nel deserto della Giudea 2dicendo: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!».
3Egli infatti è colui del quale aveva parlato il profeta Isaia quando disse:
Voce di uno che grida nel deserto:
Preparate la via del Signore,
raddrizzate isuoi sentieri!
4E lui, Giovanni, portava un vestito di peli di cammello e una cintura di pelle attorno ai fianchi; il suo cibo erano cavallette e miele selvatico.
5Allora Gerusalemme, tutta la Giudea e tutta la zona lungo il Giordano accorrevano a lui 6e si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati.
7Vedendo molti farisei e sadducei venire al suo battesimo, disse loro: «Razza di vipere! Chi vi ha fatto credere di poter sfuggire all'ira imminente? 8Fate dunque un frutto degno della conversione, 9e non crediate di poter dire dentro di voi: «Abbiamo Abramo per padre!». Perché io vi dico che da queste pietre Dio può suscitare figli ad Abramo. 10Già la scure è posta alla radice degli alberi; perciò ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco. 11Io vi battezzo nell'acqua per la conversione; ma colui che viene dopo di me è più forte di me e io non sono degno di portargli i sandali; egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. 12Tiene in mano la pala e pulirà la sua aia e raccoglierà il suo frumento nel granaio, ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile».
Nella seconda domenica di Avvento l’invito della Chiesa a prepararci alla venuta del Signore con un tempo di conversione ci viene rivolto attraverso una voce che grida, attraverso quel Giovanni Battista che non finiremo mai di conoscere nella sua qualità di Precursore del Cristo e di Amico dello Sposo. Troppo spesso siamo tentati di rimuovere le esigenze di conversione radicale poste dal Battista affermando che egli si attendeva un Messia diverso da quello incarnato da Gesù, quasi che “l’Elia che doveva venire” (Mt 11,14) non abbia saputo cogliere la novità portata da Cristo. Ma compito dei profeti è testimoniare la veridicità e la fedeltà di Dio che si realizza nonostante le infedeltà del popolo: a volte, proprio per queste infedeltà, Dio è costretto a mutare atteggiamento per non venir meno alla parola data.
È il messaggio che ritroviamo anche nella prima lettura, il brano del Proto-Isaia sul “germoglio di Iesse” (Is 11,1-10), pronunciato in una stagione in cui Israele, incurante della corruzione morale che lo affligge, cerca protezione nei potenti di questo mondo e non in Dio. La voce profetica tratteggerà allora l’atteso Messia sì come discendente del re Davide – perché “le promesse di Dio sono irrevocabili” (cf. Rm 11,29) – ma capace di agire in virtù dell’inabitazione in lui dello Spirito del Signore: così eserciterà la giustizia non per compiacere i potenti di turno, ma con equità verso i miseri e gli umili della terra. Solo in questo modo spunterà un’era di pace che avvolgerà l’intero creato, a cominciare dalla ritrovata armonia tra bestie selvatiche e animali domestici, tra cuccioli d’uomo e serpenti velenosi.
Allora possiamo cercare nella seconda lettura (Rm 13,11-14) una chiave per cogliere la profonda continuità tra il Messia predicato dal Battista e la sua piena realizzazione in Gesù che non contraddice né abolisce la Legge e i Profeti, ma li porta a compimento: Giovanni annuncia la veracità di Dio e Gesù ne testimonia la misericordia; Giovanni ci parla della fedeltà di Colui che ci ha creati e Gesù ci narra l’amore di Colui che ci può ricreare a ogni istante; Giovanni ci indica il cammino di ritorno al Padre e Gesù ci testimonia l’attesa impaziente di Dio; Giovanni ci invita con l’esempio a fare frutti degni di conversione e Gesù si presenta come il frutto dell’eterna misericordia di Dio.
Giovanni in tutta la sua vita non ha fatto altro che precedere Gesù, non solo nella nascita miracolosa e nell’infanzia, ma in tutto il suo ministero pubblico, fino alla morte violenta. Il suo sguardo sul passato della storia di salvezza è stato talmente lucido da discernere con precisione e fedeltà sia il cammino che andava intrapreso in un momento ben preciso, unico e irripetibile della storia di salvezza, sia il futuro che si stava preparando per l’umanità. Ritroviamo così nei Vangeli immagini analoghe, ma lette da due prospettive diverse: quella dell’incalzante appello alla conversione propria di Giovanni e quella della pazienza di Dio testimoniata dal Figlio. Così non ci stupiamo se il Battista parla di una scure già posta alla radice dell’albero (cf. Mt 3,10), mentre Gesù è il vignaiolo che lavora attorno alla radice, la concima e ottiene una dilazione al taglio già deciso dal padrone della vigna (cf. Lc 13,9). Viene meno la contraddizione tra la minaccia che la pula venga “bruciata nel fuoco inestinguibile” (Mt 3,12) e l’annuncio che, per ora, il grano e la zizzania continueranno a crescere insieme (cf. Mt 13,30). Scompare l’incompatibilità tra il battesimo con acqua per la conversione e il battesimo in Spirito santo e fuoco (Mt 3,11) che rende possibile il ritorno al Padre. Nessuna contraddizione né incomprensione né incompatibilità: Giovanni il Battista ha saputo cogliere l’irrompere di Dio nella storia e l’ha annunciato con tutta la forza di chi è certo che le promesse di Dio non vengono meno e che il tempo si è fatto breve.
Giovanni con il suo radicalismo profetico ci insegna ad aspettare con fede incrollabile un evento imprevedibile nei suoi contorni precisi. Il Battista ha atteso qualcuno senza poter conoscere il “come” della venuta del Messia, ha saputo cogliere la vicinanza del regno senza poterne indicare i confini, ha vissuto e praticato la conversione in piena coscienza dell’inadeguatezza di qualsiasi risposta umana all’amore di Dio. Così facendo ha tutto predisposto affinché altri potessero mettersi alla sequela non sua ma di Colui che veniva dopo di lui: “Giovanni stava ancora là con due dei suoi discepoli e, fissando la sguardo su Gesù che passava, disse: ‘Ecco l’agnello di Dio!’. E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù” (Gv 1,35-37).
Allora anche la nostra fedeltà agli impegni battesimali si misura sulla serietà con cui ascoltiamo l’appello quotidiano alla conversione, sulla prontezza con cui sappiamo cogliere l’irrompere di Dio nelle nostre povere vite, sulla coscienza del nostro peccato con cui ci accostiamo a Colui che si fa vicino a noi nella sua misericordia.
Carsten Höller
Double carousel, 2011
Acciaio, fibra di vetro, motori elettrici, comandi elettronici, lampadine, catene, legno modellato, vernice
Il lavoro di Carsten Höller mette a dura prova i nostri nervi. L’artista ci fa salire su una giostra che va lentissima, mentre siamo abituati che ci faccia correre ad una velocità vorticosa. Sperimentare questo lavoro ci fa porre delle domande su come ci poniamo di fronte all’inaspettato, cosa ci accade se le cose non vanno come le immaginiamo, abbiamo ancora la flessibilità di non programmare tutto e di lasciare che la vita scorra come viene?
Stare seduti sulle altalene che vanno lente ci fa anche domandare se siamo capaci di attendere che qualcosa accada senza voler forzare o accelerare i tempi. Stare nel momento seguendo quello che accade è l’insegnamento che possiamo cogliere da questo lavoro per questo periodo di avvento che stiamo vivendo.