Visita fraterna e viagem de estudo a Tur Abdin

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O Irmão Sabino, por duas semanas, durante o passado mês de Junho (2010), esteve em Tur Abdin onde viveu uma autêntica experiência de comunhão com os cristãos, em partiicular, com os monges que ainda lá vivem.

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Cristiani e monaci nel sud est della Turchia

giugno 2010

Fratel Sabino, per due settimane durante lo scorso mese di giugno si è recato nel Tur Abdin dove ha vissuto un’autentica esperienza di comunione con i cristiani, in particolare con i monaci là ancora presenti.

Tur Abdin, la “montagna degli adoratori”, un altipiano nel sud-est turco, cuore storico del cristianesimo siriaco, è come incastonato tra le due città che furono i centri di irradiazione di questa antica tradizione cristiana. Non lontana, verso ovest, l’antica Edessa (oggi ?anliurfa), centro propulsore di quel cristianesimo che ne assunse la lingua (varietà di aramaico nota con il nome di “siriaco”), dando vita a una nuova e fecondissima espressione di cristianesimo “semitico”; città che accolse la famosa scuola teologica di Efrem, per secoli fucina di cultura e di pensiero religioso. Vicinissima, a sud, Nisibi (oggi Nusaybin), prima sede della scuola teologica di Efrem, divenuta in seguito il cuore di quella parte di cristiani siriaci che divennero la Chiesa siro-orientale, la Chiesa dei persiani.

Appena alle spalle delle due grandi e fertili città della pianura, un entroterra montagnoso e recondito, costellato di piccole cittadine, villaggi e numerosi insediamenti monastici. Sono questi ultimi che gli hanno dato il nome. Ancora oggi, infatti, il Tur Abdin (e il Monte Izla o Izlo, che ne costituisce la parte più meridionale) è ricordato per i numerosi asceti, siro-occidentali e siro-orientali, che lo hanno abitato, che vi hanno pregato e lottato. Una sorta di “Monte Athos” dei siriaci, come si suole ripetere; e il paragone è tutt’altro che improprio, visto l’altissimo numero di monasteri di cui si ha notizia.

Ma cosa resta di tutto ciò? Restano innumerevoli vestigia, soprattutto di chiese, grotte abitate da solitari e cenobi. Restano i riflessi dell’esperienza spirituale vissuta da quei solitari, nei numerosi gioielli della letteratura siriaca che, scampando a distruzioni e abbandoni, sono giunti sino a noi (Afraat, Efrem, Giacomo di Sarug, Filosseno, Isacco di Ninive, Giovanni di Dalyata e tanti altri).

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La “montagna degli adoratori” è nota soprattutto per i suoi monasteri. Si continua ad affermare, anche se qualcuno non è d’accordo, che prima dell’arrivo di Tamerlano e delle sue orde travolgenti (XIV secolo) vi fossero attivi poco meno di cento monasteri, con migliaia di monaci. Comunque sia, ancora oggi sono visibili tracce di numerosi centri monastici. Alcuni ridotti a pochi ruderi; altri ben conservati ma senza vita; qualcuno animato da una vita sui generis (come lo splendido Deir da-Slibo, il Monastero della Croce, dove in una struttura ancora perfettamente monastica, convivono alcune famiglie e una monaca, che hanno scelto di vivere lì per dargli vita, come possono, in una sorta di convivenza di laici e religiosi dettata dalla necessità); qualcuno, infine, ancora animato da vivaci anche se esigue comunità. Sono questi che fratel Sabino ha cercato innanzitutto di conoscere, condividendo per qualche giorno la loro vita. Si tratta di quattro monasteri, dove alcuni monaci, alcune monache e vari studenti con i loro insegnati, testimoniano la propria fede:

  Deir Zafaran (Monastero dello Zafferano). Vi risiede il vescovo della città di Mardin, Mor Filoxinos Saliba Özmen, insieme a un altro monaco, a una decina di studenti, al maestro (malfono Yaqub) e ad alcuni laici che mandano avanti il monastero. Mor Gabriel, nel centro del Tur Abdin, a una ventina di kilometri a est di Midyat, è l’altro grande monastero della regione, anch’esso sede di un vescovo, Mor Samuel Akta?, insieme al quale vivono quattro monaci, una quindicina di monache e una trentina di studenti con i rispettivi insegnati (i due Isa, Gülten e Do?du, e altri ancora). Non lontano da Midyat, verso nord, un terzo monastero ancora abitato è Mor Yaqub di Salah. Sorto accanto a un tempio pagano, di cui i monaci stanno portando alla luce importanti vestigia, conserva ancora intatta una chiesa del V secolo, intorno alla quale è stato ricostruito un ampio monastero, che accoglie due monaci (p. Daniel e p. Saliba), quattro vivacissime monache e una decina di ragazzi (anche qui con il loro maestro). Il quarto monastero ancora abitato è Mor Malke, nel cuore del monte Izla (o Izlo), nella parte più meridionale del Tur Abdin, non lontano da quello che si considera tradizionalmente il monastero più antico della regione, Mor Awgin. Anche qui, una piccola fiaccola, ma con una intensità di luce indimenticabile! Il monastero, che risale al VI secolo (più volte distrutto e ricostruito), è abitato da due monaci (p. Isho’ e p. Aziz), una monaca e qualche studente.

Questi monasteri restano visibili e vive testimonianze di quello che fu, pur tra mille difficoltà, esperienza di uomini e donne che hanno perseverato e perseverano nella vita cristiana,  nella loro ricerca di Dio o che hanno da poco fatto rivivere luoghi abbandonati. Ciò che resta è dunque molto, vario e prezioso.