Paternité spirituelle et maturation chrétienne

Parte principale

Ingresso nel monastero e professione come passo decisivo nella vita spirituale

I tre starec di cui parliamo scrissero spesso a persone che volevano iniziare una vita religiosa. Molte raccomandazioni su questo tema erano uguali sia per i laici sia per chi entrava in monastero. Tuttavia l’inizio della vita monastica era un passo importante, che richiedeva un consiglio adeguato.
Lo starec Macario non si stancava di sostenere chi entrava nel monastero nei momenti difficili. “Non mi stupisco delle tue difficoltà, figlia mia – scrive lo starec a una novizia da poco entrata in monastero – come ognuno di noi, anche tu devi traversare il fuoco delle tentazioni perché si rafforzino in te la fede, la speranza e l’amore a Dio”
Ignatij sosteneva la necessità per ogni cristiano di una vita spirituale intensa: “Il nuovo testamento definisce il cristiano come tempio, casa, vaso. Lo scopo di questo tempio, per il quale è stato creato, è di essere dimora di Dio, contenitore dei Doni dello Spirito Santo”. Egli provava sempre consolazione, quando una delle sue pecorelle decideva di fare la professione monastica. Egli per esperienza era convinto che “la permanenza nel monastero ci dà almeno questo frutto, che cominciano a maturare le nostre debolezze e tutta la nostra speranza la poniamo non in noi stessi, ma nel nostro Redentore” ma la vita nel monastero non è priva di pericoli, poiché “sia l’esaltazione, sia lo sconforto”, che nel mondo riempiono la nostra anima, nel monastero possono diventare più forti”.
Ignatij vede nella situazione della monaca da poco entrata in convento degli inevitabili turbamenti, che è necessario attraversare: “Lo spirito che ha subito l’influsso della distrazione mondana, continua a sentire questo influsso anche dopo che se ne è allontanato per un lungo periodo”. Quale rimedio vi è? “Allontanare la mente dalla distrazione col pensiero della morte e del giudizio divino”

Ordinamento della vita esteriore delle monache.
Tutti gli starec danno molta attenzione alla regolazione della vita e al comportamento delle figlie spirituali nel monastero, alle relazioni con l’igumena e con le sorelle. Spesso le allieve stesse fanno delle domande, come comportarsi in certe situazioni, nei casi di conflitto, di incomprensione, di “turbamento”, di rimprovero, di irritazione per questo o quel motivo, per le parole dei superiori o di chi opera nel monastero: tutto ciò che è inevitabile in qualunque società umana, in cui vi siano relazioni così strette e si svolgano attività così impegnative. Tuttavia lo scopo per cui ogni lettera arriva al monastero, cui è rivolta ogni opera – crescita spirituale, edificazione dell’uomo interiore - dà un particolare angolo visuale sui rapporti umani e sui problemi connessi. Questi problemi vengono spiegati non con questo o quel difetto della vicina di cella o con l’eccesso di potere della superiora, ma con le tentazioni spirituali e la mancanza di amore e umiltà. “…Il nemico si arma contro di voi e cerca di distruggere la vostra pace, ma non avrà di che rallegrarsene” Contro questo nemico vi sono due armi: l’amore e l’umiltà.
Macario non vede nella vita monastica solo una pesante croce, spesso parla degli aspetti consolatori di quella vita, manda messaggi di saluto nei giorni di festa, manda auguri di salvezza. “Risorga egli e le nostre anime, mortificate dal peccato – esclama lo starec nel giorno della risurrezione di Lazzaro – e ci faccia entrare nella Gerusalemme celeste”
Teofane a una sua protetta appena entrata in convento consigliava di aumentare le ore di silenzio e di isolamento nella sua cella.
Quando a una figlia spirituale accadde un fatto doloroso e fu costretta a passare in un altro monastero, il vescovo Teofane le scrisse: “sarebbe stato meglio se tu avessi fatto in modo da dimenticare tutto e non ricordare che vivete in mezzo a loro. Allora il convento per te sarebbe diventato un eremo”. Il vescovo invitava la sua figlia spirituale a un tale grado di umiltà, avendo conosciuto per sua esperienza la forza di un tale comportamento tra gli uomini.
Ignatij raccomanda alle sue figlie spirituali di non passare “da un monastero all’altro”, poiché i pensieri “che ci inducono a cambiare luogo non sono altro che astuti suggerimenti del demonio”. Basandosi sui santi Giovanni Climaco e Gregorio Sinaita, il santo dice che nel desiderio di cambiare luogo si rivela impazienza, e “nulla più dell’impazienza rende sterile l’anima…” Se anche nel trapianto l’albero non muore, perde però parte della sua forza, così l’uomo può perdere “quella espiazione, con cui Cristo ha espiato per te” . E i disordini che si vivono nel monastero evidenziano che la strada verso la salvezza “è sempre stretta e difficoltosa”
La vita nella stessa cella con altre sorelle, sebbene sia difficile, è utile, specialmente per il periodo iniziale della pratica di virtù. Se nasce il desiderio di non incontrare altre persone, questo desiderio è sbagliato: l’allontanarsi dalla relazione con gli altri “è dannoso per chi è lontano dalla perfezione”, poiché “nasconde a se stessi la propria debolezza e la rende infruttuosa”.

Lettura della sacra Scrittura e suo ruolo nella vita spirituale
Sia il santo Macario di Optina, sia i due vescovi spesso nelle loro lettere alle monache citano il Vangelo, gli Atti degli Apostoli, i salmi. La loro vita era basata sulla Scrittura, ogni pagina veniva da loro vissuta e confermata nell’esperienza. Questo essi desiderano per il loro gregge, perciò parlano non solo della opportunità, ma della necessità di cercare consigli e risposte, chiare o nascoste, nei testi sacri.
“Imparate umilmente – scrive Ignatij. - Dove? nel Vangelo. Da chi? Dal ladrone, dal pubblicano, dalla adultera…”. Nei consigli di Ignatij la lettura della sacra Scrittura diventa un sistema di ascetica. La lettura del vangelo e del Salterio deve accompagnare la monaca per tutto il giorno: ci sono di esempio gli antichi padri del deserto d’Oriente, per i quali “il vangelo e il Salterio erano quasi gli unici libri”. Talora Ignatij riporta le parole di questi asceti: “Cristo è nascosto nel vangelo, se vuoi trovare Cristo, lo troverai nel Vangelo.”

Lettura dei santi padri.
La costante lettura dei santi padri ha un posto importante nella vita cui gli starec educano le figlie spirituali. Ma questa lettura non è per lo studio, ma per l’edificazione. Tutti e tre gli starec erano istruiti nella tradizione dei padri, e non solo nella ascetica, ma anche nella esegesi dei santi padri, nelle opere di dogmatica. Ma nei loro consigli – se leggere l’opera di questo o quell’autore – il punto di partenza per la lettura è dato da una questione pratica o da una questione sorta nella vita spirituale. Riferimenti ai santi padri vi sono in ogni lettera e su ogni questione, spesso con la precisa indicazione della pagina, del capitolo e delle parole. Vengono consigliati, specialmente da Macario, diversi autori, scegliendo quello che nella data occasione risulta più adatto, più accessibile. Sia Macario di Optina che i due vescovi spesso consigliano alle loro figlie spirituali di leggere il santo Giovanni Climaco, il padre Doroteo, san Macario il grande, sant’Isacco il Siro, san Pietro di Damasco, san Cassiano Romano e, all’occorrenza, altri autori della “Filocalia”. Tra gli autori russi si riferiscono spesso a San Nilo di Sora e a Dimitri Rostovskij.
Sia Macario che i due vescovi consigliano di leggere la vita dei santi, come esempi di attuazione concreta dei consigli spirituali contenuti negli scritti ascetici. Oltre allo scopo diretto – ricevere consiglio dai santi padri per un problema concreto – Macario ne indica un altro: leggendo le opere e la vita ascetica, “vedi la tua piccolezza, e quanto sei lontano dalla perfezione di chi opera per il Signore”. Solo in tal caso “la pratica della virtù sarà illuminata dall’umiltà”. Il vescovo Ignatij riteneva che ogni monaco, pur seguendo un proprio cammino spirituale, attraversa nella sua vita le stesse fasi: anche gli starec delle epoche precedenti, in tal modo, guidano i monaci novizi di oggi.
Il vescovo Teofane, basandosi sullo stesso genere di opere ascetiche, consiglia di leggere “non molto, ma molto”(?), mettere in pratica quello che si è letto, unire alla letture il pensiero su Dio.
Il vescovo Ignatij vede nelle opere dei santi padri un ottimo mezzo per capire il Vangelo. Egli spesso ripeteva alle sue figlie spirituali che le parole di vita eterna “Lo Spirito Santo ce le ha inviate mediante i suoi vasi, i santi padri”. La Chiesa ortodossa accetta solo ciò che viene dallo Spirito santo, e i padri della Chiesa furono ispirati dal medesimo Spirito delle Scritture.
E’ molto importante “il cammino del consiglio percorso dai santi monaci, che raggiunsero prima la purificazione dalle passioni, poi ebbero i doni della Grazia”. Senza questo consiglio con i maestri, è triste “la situazione di quei monaci che, vivendo un una numerosa comunità, non hanno nessuno cui ricorrere nei momenti di debolezza d’animo”. I consigli dei santi padri devono guidare la vita di chi vuole camminare verso la salvezza. “Seguiamo il consiglio di Antonio il grande, di compiere solo quelle opere che sono conformi alle sacre Scritture e ai santi padri”.
Ignatij era attento anche agli autori delle traduzioni delle opere dei padri: anche la traduzione in un’altra lingua dell’esperienza spirituale non può essere fatta da chi non ha quella esperienza. Così riteneva che le opere tradotte da Paisij (Veli?kovskij) hanno valore ascetico superiore a quello di ogni altra traduzione.

Rapporto con la tradizione teologica
Mentre tutti e tre i nostri autori raccomandano le opere dei santi padri, il loro atteggiamento verso le altre opere teologiche non è univoco. Specialmente per quanto riguarda la teologia contemporanea, in relazione alle riflessioni teologiche delle monache. Naturalmente ogni credente, e tanto più chi ha scelto la difficile via del monastero deve conoscere e riflettere sui dogmi della Chiesa ortodossa. Ma le strade per le quali si realizza la conoscenza teologica devono essere verificate e non indurre in pericolo.
Alla domanda di una sorella, se è consentito avere consolazione riflettendo su Dio, sulla sua onnipresenza e su altro, rispondeva: “Tutto ciò che ci porta all’amore di Dio e all’umiltà è consentito, ma dobbiamo conoscere la nostra misura e non lasciarci trasportare in alto, o essere in stato d’animo passionale”.
Teofane dà consigli per la lettura dei libri religiosi, secondo il livello della loro formazione. Consiglia a tutte di leggere i santi padri, ad alcune, che conoscono lingue straniere, consiglia di fare traduzioni di libri teologici. Così una monaca, grazie alla conoscenza del francese e seguendo i consigli del padre tradusse la “Guida alla vita cristiana” di Francesco di Salse. Peraltro, riconoscendo che non tutto di questi e simili libri può essere raccomandato alla lettura da parte di tutti, il vescovo propone di trasformare la traduzione diretta in un “adattamento”.
Ignatij era abbastanza severo nel definire quali libri potessero leggere le monache e consigliava di “limitarsi alla lettura dei santi padri, la cui ispirazione divina non era oggetto di dubbio”. Metteva severamente in guardia rispetto alle “traduzioni da lingue moderne”: “quasi tutti sono scritti in spirito di lusinga, come disse l’apostolo Paolo (2Cor 11,13-15) – chi li legge si lega al diavolo, la sua mente e il suo cuore sono adulteri”. Comunque le lettere e i consigli di Ignatij sono basati sulla teologia: i suoi consigli sono cristologici, poiché al centro c’è sempre Cristo, e tutte le strade che egli suggerisce alle monache portano a Cristo. Anche della tradizione dei padri egli dà la propria interpretazione teologica. Ma le figlie spirituali, specialmente quelle che prima di entrare in monastero avevano una istruzione e una abitudine alla riflessione, egli le esorta al “pensiero di Dio”.

La preghiera
Fondamento della vita spirituale è la preghiera, il ritmo di questa vita è stabilito dalla regola della preghiera. Tutti gli starec parlano della Preghiera di Gesù, pur mettendo in guardia da modi arbitrari di praticarla.
Teofane sottolinea il valore della preghiera, ancora maggiore del “pensiero di Dio”. Dà alle monache precise raccomandazioni su come praticare la preghiera di Gesù ed esamina le varie tentazioni spirituali che sorgono in questa pratica.
Egli evidenzia una delle componenti necessarie del cammino spirituale, la “sobria attenzione verso di sé”. Essa si basa sulla incessante preghiera o stato d’animo di preghiera, che consiste nel “pensare a Dio con timore devoto e con decisione pensare, sentire e desiderare solo ciò che è gradito al Signore”.
Ignatij ritiene importante l’inchinarsi nella preghiera: bisogna compiere inchini, “perché il corpo senta stanchezza, che contribuisce alla afflizione del cuore”. Il vescovo si basa sulle parole di Isacco il Siro: “La preghiera in cui il corpo non si affatica e il cuore non si stringe va in senso contrario: quella preghiera è senza l’anima”. Ignatij distingue la “preghiera dei novizi”, la “preghiera corporea” che, come il canto, è accompagnata da una “forte tensione esteriore”, per la quale “la persona raggiunge l’attenzione del cuore e della mente”. Talora egli formula la regola di preghiera per la monaca: successione e numero delle preghiere e degli inchini. Tuttavia, pur con la severità e l’ammonimento alla rilassatezza, Ignatij dice che “non l’uomo è per la regola, ma la regola è per l’uomo”:”se avete mancato per debolezza del corpo, o dell’animo, o della mente, tutto vi perdonerà il misericordioso Signore, dinanzi al quale sono giuste anche le vostre imperfezioni”. In tali casi il vescovo raccomanda di “attenersi al buon senso” e se la “debolezza è naturale”, si può “rilassare il corpo, perché non giunga allo sfinimento”, riducendo gli inchini e la regola serale.
Col progredire nel cammino e il rafforzamento della preghiera del cuore cambiano le regole di preghiera: si riduce la lettura, ma aumenta la profondità dell’attenzione. Il padre loda per questo la monaca più esperta. Questo è “più vicino alla tradizione dei padri, all’immagine divina” e “a chi pratica il silenzio non si addicono le molte parole neanche nella preghiera”. L’evangelista Giovanni scrisse di Dio che “dall’eterno si compiace dell’unico Suo Verbo”. Talora il padre consiglia di togliere dalla regola serale un cafisma o qualche inchino, per pronunciare le parole più lentamente e attentamente, passando “dalla quantità alla qualità”.
Ignatij condannava che nella preghiera prevalesse lo stato della mente e del cuore, mettendo in guardia le monache dal “darsi arbitrariamente alla fantasia” Dà anche un consiglio concreto: “la mente segua la lingua, che pronuncia piano la preghiera”. Il padre dà particolare attenzione alla pratica della preghiera di Gesù: dice che questa pratica “inizialmente sembra arida, ma poi risulta molto fruttuosa”.

Il digiuno
Il digiuno, come ascesi fisica e spirituale, compito salvifico, secondo i tre autori è necessario. Tuttavia rispetto a tutte queste pratiche, bisogna ricordare che “sono per l’uomo, e non l’uomo per esse”. Perciò tutti i precettori consigliano alle sorelle nel caso di debolezza fisica di alleggerire il digiuno, e in caso di malattia di usare il pesce nel grande digiuno. L’argomento principale è il seguente: Il Signore vede nel cuore, in esso avviene ciò che conta per la salvezza, non nelle pratiche esterne. Allo stesso modo in caso di necessità “facevano anche molti grandi santi”. Ignatij porta a una sua figlia due consigli degli starec : di santo Ioann Cassia Romano, che nello scritto “Discussioni” ritiene dannosi ambedue gli estremi, sia l’abbondanza di cibo, sia l’eccesso di digiuno, poiché vedeva “il troppo cibo come mancanza di vittoria, il troppo digiuno come un rovesciamento” (?) Il santo il Grande esortava il fratello a essere “uccisore di passioni”, non “uccisore del corpo”.

Partecipazione ai sacramenti. Confessione. Comunione
Tutti e tre i padri consigliano alle monache di accostarsi più spesso alla confessione dei peccati. Ma nei monasteri femminili si tratta più spesso di confessarsi alla starica che guida la giovane monaca.
Ignatij raccomanda di confessare i peccati alla starica, perché solo la confessione frequente consente di “guadagnare la misericordia di Dio”. Ritiene utile anche rivelare alla starica i pensieri, allora Dio aiuta a “compiere la vera vocazione monastica”. Il vescovo riconosca che “questa via è complessa, porta tentazioni,”, ma “rivelando decisamente le mancanze in opere, parole e pensieri si può in un solo anno fare più progressi che con altre pratiche più faticose nel corso di dieci anni”.
La comunione eucaristica è ritenuta una componente importante della vita cristiana delle monache, ma la frequenza della comunione viene stabilita per ciascuna singolarmente, in base alla sua situazione spirituale.