Terra do Céu


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Questa “speranza per tutti” è quella che la liturgia ha sempre cercato di cantare in questa festa, facendo uso del linguaggio e delle immagini di cui disponeva: forse oggi alcune espressioni liturgiche e alcune rappresentazioni iconografiche ci paiono inadeguate, ma l’anelito che volevano esprimere rimane lo stesso anche ai nostri giorni e anche nel frastuono del Ferragosto. Noi amiamo questa nostra terra, eppure essa ci sta stretta; ci preoccupiamo del nostro corpo, eppure sentiamo di essere più grandi della nostra fisicità; lottiamo nel tempo e contro il tempo, eppure percepiamo che la nostra verità supera il tempo; godiamo dell’amicizia e dell’amore, eppure ne avvertiamo i limiti e ne temiamo la caducità. Forse è proprio di questa possibilità di “pensare in grande” – che è dilatazione di orizzonti e non di brame, grandezza d’animo e non di pretese – che è pegno per noi un’umile donna di Nazaret, divenuta, per dono di Dio, Madre del Signore, terra del cielo. Allora questo corpo trasportato verso la Luce fonte e meta di ogni luce non riguarda più la devozione di alcuni fedeli, ma la sorte ultima del creato intero assunto dall’Increato: è la carne stessa della terra che, trasfigurata, diviene eucaristia, ringraziamento, abbraccio con il cielo.

Sì, nella memoria di Maria assunta in cielo i cristiani, in questo tempo di vacanze, sono invitati a trasformare in ringraziamento, in eucaristia, in rendimento di grazie al Creatore e al Salvatore la creazione che contemplano e che dovrebbero custodire con amore e cura.

ENZO BIANCHI
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pp.137-139