Lecture by Armand Veilleux
Al tempo di Cristo tutto il Medio oriente era traversato da una grande corrente spirituale incentrata sulla ricerca di Dio nell’ascesi, nella solitudine e nella contemplazione. La vita, la predicazione e il battesimo di Giovanni Battista erano riconducibili a questo movimento, così come la tradizione degli Esseni, che vivevano nelle vicinanze e che risaliva all’epoca dei Maccabei: un movimento che aveva radici lontane in Persia e, ben oltre, in un archetipo umano fondamentale.
Quando Gesù di Nazaret scende nelle acque del Giordano per farsi battezzare da Giovanni, egli si ricollega a tutta questa grande corrente ascetica e mistica e assumendola le conferisce nuovo significato. Molti tra i primi cristiani, volendo adottare come modalità permanente di vita alcune delle esigenze radicali poste da Gesù a quelli che volevano seguirlo, troveranno in questa espressione religiosa della cultura del loro tempo la forma di concretizzazione opportuna. Ritengo quindi che sia proprio al Giordano, al momento del battesimo di Gesù, che ha avuto inizio quella forma di vita cristiana che qualche secolo dopo sarà chiamata “monachesimo”, ma che esisteva già nell’ascetismo cristiano primitivo sia all’interno delle comunità cristiane, sia in una relativa solitudine ai margini di queste.
Dunque il monachesimo cristiano non è nato in Egitto alla fine del iii secolo, per poi diffondersi prima in oriente e in seguito in occidente: questo è un mito oggi del tutto inaccettabile. È nato al tempo delle prime generazioni cristiane, all’incirca nello stesso periodo in tutte le chiese locali d’oriente e d’occidente, dalla vitalità stessa di ciascuna di queste chiese (e non, come vorrebbe un altro mito, in reazione alla mancanza di fervore delle comunità cristiane dopo la fine delle persecuzioni).
Detto questo, mi limiterò ora a parlare del monachesimo occidentale, dal momento che è questo l’argomento che mi è stato assegnato. E non vorrei cedere alla tentazione della via più facile, che consiste nel descrivere semplicemente le diverse forme istituzionali di cenobitismo e di eremitismo che la chiesa d’occidente ha conosciuto nel corso dei secoli: una storia che è stata già fatta, e non sarebbe molto utile farne un riassunto. Vorrei piuttosto mostrare come tale relazione tra solitudine e comunione – e una sana tensione tra le due – sono state vissute nel corso del tempo, in risposta a congiunture ecclesiali differenti, che a loro volta corrispondevano a situazioni di instabilità della società e della cultura.
In effetti, si può facilmente constatare che i grandi periodi di sviluppo, di rinnovamento o di riforma del monachesimo sono sempre stati epoche di profondo mutamento socio-culturale. È anche interessante rilevare come ciascuno di questi periodi di articolazione della storia sia caratterizzato da una crisi del cenobitismo che provoca una nuova ondata di eremitismo, la quale a sua volta porterà a un rinnovamento del cenobitismo stesso, prima che si ricominci da capo.
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