Les âges de la vie spirituelle. Conclusions

La maturità della vita in Cristo

Il convegno ha offerto un commento molto approfondito, nelle sue implicazioni ecclesiologiche e cristologiche, della pericope di Efesini 4,7-13, se vogliamo centrale per il nostro tema: crescere alla misura dell’età di Cristo. La maturazione della vita umana del cristiano diventa anche la misura della maturazione della sua vita nella chiesa. La vita umana, infatti, cresce con gli altri e l’incontro con l’altro spesso segna una crisi di passaggio. Non siamo nati solo una volta nel passato, ma ogni volta rinasciamo in questi momenti di crisi e di difficoltà.

Anche all’inizio del cammino monastico c’è una crisi, un giudizio che è una scelta e porta con sé la necessità di un distacco dalla vita precedente. Ma anche nel loro ripresentarsi nel corso della vita, le crisi possono diventare un fecondo motore di cambiamento, una scoperta del potenziale di trasformazione che si trova in questi momenti di scacco, di crollo di tutte le convinzioni precedenti.

Il confronto con le scienze umane, in particolare la psicologia e la pedagogia, sarebbe stato forse occasione di un intero colloquio. In questo convegno abbiamo limitato la scelta al tema della crisi. La sapienza della tradizione monastica, d’altra parte, ha fatto vedere in san Benedetto come la diversità di età, di cultura, di educazione, sia uno degli elementi importanti nella formazione della comunità monastica e nel cammino verso l’unificazione, non solo interiore ma anche di tutto il corpo ecclesiale. In particolare, nel tempo della maturità, si scopre come la scala dell’umiltà sia anche una scala di acconsentimento.
Yves Congar, il grande teologo pioniere dell’unità dei cristiani, qualche anno prima dell’uscita del libro di Paul Evdokimov che ha ispirato il titolo e la riflessione del nostro convegno, in un articolo apparso sulla Vie spirituelle e dedicato alle età della vita spirituale, scriveva che c’è un momento nella vita, che coincide con la maturità, in cui bisogna ristabilire le cose. Occorre allora “interpretare la propria situazione nel mondo in un modo realista e consentire al fatto che probabilmente la nostra vita ha avuto degli esiti modesti. Allora noi interpretiamo di nuovo il nostro posto nel mondo, non nel mondo dei nostri sogni, ma nel mondo dell’esperienza, nel mondo della ragione, nel mondo della fede, delle affermazioni nude della fede, delle certezze provate nella preghiera e sotto la croce”. Solo allora noi “acquisiremo la vera misura delle cose e di noi stessi”, e la nostra vita di fede potrà “rimanere grande e bella, diventando più reale”.

Questo acconsentimento è il passo fondamentale da compiere nel momento della vecchiaia, quando l’uomo esteriore si va disfacendo ma quello interiore si rinnova di giorno in giorno. C’è una possibilità nell’anzianità, l’opportunità di sperimentarla come occasione, ancora una volta come kairòs: non un declino ineluttabile, ma una chiusura che si apre, un perfezionamento che si dona, secondo l’espressione del filosofo romeno Costantin Noica.