On ne nait pas chrétien, on le devient

Su questo fine essenziale si misurano anche le pratiche specifiche che la tradizione ha riconosciuto al ministero della paternità spirituale, come l’apertura dei pensieri (exagoreusis) al proprio padre spirituale, affinché questi possa discernervi ciò che è secondo Dio, secondo la piena umanità e libertà di colui che si è affidato alla sua guida spirituale. Di qui anche la vigilanza che occorre avere verso gli abusi nell’esercizio di quest’arte delicatissima, quando viene conculcata la libertà della persona, trasformando un cammino di liberazione in una via senza uscita. Rischi e pericoli che le Chiese ortodosse condividono con i cristiani di Occidente, come ha mostrato il metropolita romeno Serafim di Germania nella relazione conclusiva su “Paternità spirituale e mondo contemporaneo”.

La paternità spirituale, che la tradizione ortodossa ha saputo custodire e approfondire come vivente prassi della trasmissione della fede, è diventata così l’occasione di misurare l’unità che le Chiese già sperimentano nella costante preoccupazione della trasmissione della vita cristiana, della vita di fede come il bene più prezioso, viva traditio del depositum fidei che si rinnova nell’oggi, e che sempre più ha bisogno di padri e madri spirituali, che sappiano guidare nella libertà e per amore, e con infinita pazienza, alla vita in Cristo, alla vita secondo Dio, «il Padre dal quale ogni paternità nei cieli e sulla terra prende nome» (Ef 3,14-15).

Enzo Bianchi