Conclusions of the conference

 

2. Dopo questa breve rassegna, permettetemi di proporvi qualche riflessione, che non hanno altro fine se non quello di stimolare la meditazione e la ricerca ulteriori. Al tempo stesso chiedo la vostra indulgenza per la loro forma ancora frammentaria e incoativa.

Ci sia concesso allora di indicare qualche suggerimento per ulteriori approfondimenti dei temi del convegno.

2.1 La sacra Scrittura afferma che la disobbedienza del popolo di Dio ai comandamenti provoca la collera divina. Dio rifiuta alla terra di produrre i suoi frutti (Dt 28). Il castigo di Dio non ha tuttavia altro fine che la conversione del popolo (Am 4,4-12). “La terra diventerà un deserto a causa dei suoi abitanti, questo sarà il frutto della loro condotta (Mi 7,13; cf. Sap 1,18). Ancora, l’ingiustizia che opprime i poveri è all’origine delle catastrofi naturali (Am 8,4-8). In altre parole: la natura è solidale con l’uomo, soprattutto con i poveri. Abbiamo avuto un’eco di questa convinzione nella memoria del terremoto a Costantinopoli (26 ottobre). Non va dimenticata questa connessione intrinseca tra degradazione dell’ambiente e assenza di giustizia verso i poveri.

2.2 L’umano è l’anello che lega la creazione a Dio, un “laboratorio” della comunione cosmica. È il centro d’interesse del Creatore. Questo dovrà aiutarci a non scivolare verso forme d’idolatria della natura. Essa è al servizio della salvezza e dell’essere dell’uomo; è solidale alle sue infelicità. Essa è sacra perché può diventare luogo teofanico, come il roveto ardente (Es 3). L’uomo, illuminato dal Verbo incarnato, con gli occhi della fede, può leggere il libro della creazione. Può leggerlo se è capace di meravigliarsi davanti alla natura (thaumastikôs échein), come si meravigliano i filosofi e gli scienziati autentici. Evagrio il Pontico riporta che sant’Antonio il Grande avrebbe detto a dei filosofi pagani che erano venuti a vederlo, spinti dalla curiosità: “Il mio libro, o filosofi, è la natura degli esseri, ed è qui presente quando voglio leggere le parole di Dio” (Trattato pratico 92, sc 171, p. 695).

2.3 I padri hanno illustrato la trascendenza dell’uomo rifacendosi al paradigma dell’uomo microcosmo. Non è tanto l’uomo a essere una sintesi degli elementi dell’universo, quanto piuttosto il cosmo è un’espansione del capolavoro di Dio, l’uomo (cf. salmo 8), poiché il Figlio è divenuto uomo e non angelo. Un testo di san Gregorio di Nazianzo basterà a ricordare quest’intuizione fondamentale dell’antropologia cristiana (ma si veda anche La creazione dell’uomo di Gregorio di Nissa):

Il Verbo Artigiano organizza un essere vivente composto di due, intendo dire la natura visibile e la natura invisibile: è l’uomo. Trae il corpo dell’uomo dalla materia già prima creata, e prende in Se stesso una vita che mette nell’uomo, cioè un’anima spirituale e un’immagine di Dio; poi quest’uomo, un secondo cosmo, grande nel piccolo, lo mette sulla terra come un altro angelo, un adoratore formato da elementi diversi, un contemplatore della creazione visibile, un iniziato della creazione invisibile, un re di ciò che è sulla terra, suddito di ciò che è in alto, terrestre e celeste, effimero e immortale, visibile e intelligibile, intermediario tra la grandezza e la bassezza, a un tempo spirito e carne: spirito per l’azione di grazie, carne per l’orgoglio, l’una cosa affinché viva per sempre glorificando il suo creatore, l’altra perché soffra e soffrendo si ricordi di sé e sia educato se aspira alla grandezza; e vivendo quaggiù, guidato dalla provvidenza e in cammino verso un altro mondo, colmo di mistero per essere teso verso Dio, diventi Dio. In effetti, la luce della verità, misurata di quaggiù, mi porta a desiderare la visione e l’esperienza di uno splendore di Dio che sia degno ci colui che mi ha legato alla carne, che me ne libererà, e che di nuovo mi legherà a ciò che è sublime (Discorsi 38,11).

2.4 Perché abbiamo appena accennato, nel corso di questo convegno, alla creazione invisibile di Dio? Dio crea degli esseri visibili e invisibili (per noi). Eppure la liturgia ci ricorda costantemente la loro presenza tra di noi. “Io ti canto alla presenza degli angeli”, prega il salmista. Secondo un’interpretazione comune dei padri, il Figlio è disceso sulla terra per cercare la centesima pecorella smarrita, l’umanità, e la riporta sulle sue spalle umane tra i novantanove cori angelici. È opportuno ricordarsi che gli angeli e gli spiriti sono inclusi nell’economia di Dio, anche se i teologi forse fanno fatica ad accettare che la creazione invisibile assomigli a quelle vecchie carte geografiche su cui era segnato: terra incognita, e vi erano disegnati animali immaginari. Una lezione di modestia ci viene dagli scienziati, dinanzi ai misteri della natura. San Gregorio di Nissa ce lo ricorda commentando il salmo 150: “… la più alta cima dei beni … Questa cima è la lode di Dio che si realizza in tutti i santi, come indica l’ultimo salmo con queste parole: ‘Lodate Dio nei suoi santi’”. La lode “imita l’armonia dell’universo con la varietà e la diversità delle virtù e diviene per Dio ‘uno strumento’ accordato al ritmo di una melodia”. E ancora, commentando il versetto “Lodate il Signore con cimbali squillanti” (Sal 150,5a), scrive:

In effetti, un tale concorso, intendo dire quello del mondo angelico e del mondo umano, quando la natura umana sarà restituita alla sua condizione originaria, produrrà questo dolce suono dell’azione di grazie attraverso l’incontro degli uni e degli altri e, attraverso gli uni e gli altri, come con gli uni e con gli altri, celebrerà dappertutto un inno per rendere grazie a Dio della sua amicizia verso l’umanità. È questo che mostra, in effetti, il concorso del cimbalo con il cimbalo: un cimbalo è formato dalla natura sopraterrestre degli angeli, l’altro dalla creazione razionale degli uomini. Ma il peccato ha separato l’uno dall’altro. È dunque quando l’amicizia di Dio per l’uomo li riavvicinerà di nuovo tra loro che i due, di concerto l’uno con l’altro, faranno risuonare questa lode, come dice anche il grande apostolo: “Ogni lingua confesserà nei cieli, sulla terra e sotto terra, che Gesù Cristo è Signore a gloria di Dio Padre” (Fil 2,11) … quando tutta la creazione, quella degli esseri dell’alto e di tutti gli esseri del basso sarà accordata in un coro unico, e quando al modo di un cimbalo, la creazione intelligibile e quella che, oggi, se ne trova separata e divisa dal peccato, produrranno grazie all’accordo delle nostre voci il giusto suono … (Sui titoli dei salmi I,ix, 27-28).