Conclusions du Colloque

 

La continua interrelazione tra vita solitaria e dimensione comunitaria, tra deserto e cenobio, vale infine per l’occidente, dove si alternano cicli di rinnovamento della vita spirituale caratterizzati dall’accento sulla vita eremitica e di riforma della vita cenobitica. Un’eccezionale testimonianza di questa interazione è stata l’esperienza storica di Optina Pustyn’, che significativamente pone al centro della dinamica tra cenobio e anacoresi la vita di preghiera, personale e comunitaria. Si apre qui naturalmente un tema molto profondo e ampio, che potrebbe costituire da solo l’argomento di un convegno.

La riflessione sugli sviluppi storici introduce alla realtà contemporanea. La ricerca, in tutta la tradizione monastica, di un delicato equilibrio spirituale tra la faticosa scoperta della propria verità e il riconoscimento dell’altro come costitutivo del sé, l’uscita da se stessi e la comunione come pienezza di umanità, indica che l’interazione tra comunione e solitudine costituisce una polarità profonda della vita umana e cristiana.

Proprio qui incontriamo il punto di interrogazione che la modernità pone all’esperienza cristiana. Se la grande parabola del moderno può essere descritta come un passaggio dall’eteronomia all’autonomia ? l’uscita da un mondo chiuso gerarchizzato verso un universo aperto basato sul principio di eguaglianza, in cui ognuno è teoricamente artefice del proprio futuro ?, l’esito paradossale è una radicale solitudine dell’individuo, di cui l’anonimato della massa non è che la faccia nascosta.
 La sfida comunitaria nell’orizzonte postmoderno è forse quella di realizzare comunità capaci di dare speranza. Non l’utopia della relazione all’altro totalmente trasparente a se stessa, ma la concreta vita comune come vocazione di umanizzazione: nelle relazioni personali, sociali, politiche, economiche, ecologiche …
Il sospetto moderno verso ogni coercizione dell’io rischia paradossalmente di annullare la gratuità dell’incontro con l’altro nel mito collettivo dell’ideologia o di disperderla nell’indifferenza dell’individualismo. Un’autentica dialettica tra comunione e solitudine chiede invece di essere realizzata in una dimensione di fiducia e gratitudine verso l’altro: in un sempre rinnovato rendimento di grazie, in una pratica eucaristica.

La koinonía non definisce solo il piano orizzontale dei rapporti interumani, ma apre uno squarcio sulla vita delle Persone divine: “L’essere significa vita e la vita significa comunione” (Zizioulas). Senza persona non c’è comunione; ma senza comunione non c’è persona.