Conférence de Iosif Bosch, évêque de Patara

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Bose, 4 septembre 2013
XXIe Colloque œcuménique international
L’unité des chrétiens essentiellement existe, puisque l'Église est une; puisque Dieu est un: unité dans la multiplicité, comme dans la Trinité

XXIe Colloque œcuménique international
de spiritualité ortodoxe

en collaboration avec les Églises orthodoxes

LES ÂGES DE LA VIE SPIRITUELLE

Monastère de Bose, mercredi 4 - samedi 7 septembre 2013

 


TEXTE ITALIEN DE LA CONFÉRENCE
DE L'ÉVÊQUE IOSIF

L’unione dei cristiani nel contesto della vita nello Spirito

Bose, 4 settembre 2013

IOSIF BOSCH, vescovo di Patara
(delegato del Patriarca Bartolomeo di Costantinopoli,
vescovo ausiliare di Buenos Aires della metropolita del Patriarcato ecumenico)

Ascoltiamo la voce dell’Apostolo: “Vi esorto pertanto, fratelli, per il nome del Signore nostro Gesù Cristo, a essere tutti unanimi nel parlare, perché non vi siano divisioni tra voi, ma siate in perfetta unione di pensiero e di sentire.” (1Cor. 1:10). E la sua domanda ai cristiani di Corinto: È forse diviso il Cristo? (1Cor 1,13).

Prima di avviare una riflessione sistematica sul nostro argomento, vorrei specificarne il quadro concettuale. Per questo dovrò iniziare con una domanda che sembra forse troppo generale: che cosa è il cristianesimo?

Il cristianesimo è considerato da filosofi, pensatori e anche da molti uomini di fede, come una religione. In termini generali, si può affermare che in Occidente sono coesistite storicamente due definizioni di religione, una “sostanziale” e l’altra “funzionale o pratica”. La prima interpretazione definisce la religione a partire dal contenuto della sua fede, mentre la seconda la definisce in base al suo ruolo o alla sua attività svolta nelle società, cioè a partire da come la religione serve a “legare” – oppure “unire”, se si vuole – i membri di una comunità in un nucleo omogeneo. Associata a questo significato, c’è un’altra linea di interpretazione che suggerisce che ciò che distingue un’istituzione religiosa da un altra è il trattamento delle ultime preoccupazioni esistenziali come la sofferenza, la frustrazione o la morte. In questo caso, la religione avrebbe la funzione di rendere capace l’uomo di affrontare in modo più efficace queste realtà, e cosí trovare la felicità.

Puó il cristianesimo essere incorniciato all’interno di questa diverse definizioni di religione? Ovviamente sì. Tuttavia, questo non significa che queste interpretazioni definiscano la realtà ultima del cristianesimo. Di fronte alla domanda: “Il cristianesimo è una religione?” la mia risposta è categorica: “il cristianesimo non è una religione!”.

Il cristianesimo è la rivelazione divina. Esso non ha origine nell’uomo, ma in Dio stesso; è κοινων?α organica e metafisica tra Dio e le sue creature; è la guarigione, la trascendenza, il superamento dell’uomo in Dio e in se stesso: dunque il cristianesimo è Dio in noi.

La realtà totale del cristianesimo trascende qualsiasi definizione di religione, in quanto è una nozione puramente teologica: in effetti, teo-logia significa che Dio parla di se stesso agli uomini! Dio si rivela, Dio si comunica, Dio si identifica, Dio si apre, Dio diventa accessibile, Dio diventa partecipabile. Per una percezione religiosa, è l’uomo che parla su Dio, mentre per il cristiano, è Dio che parla di se stesso: rivelazione, poi, è teologia. È perché Dio parla all’uomo, che quest´ultimo può parlare di Lui. In quest’ultima prospettiva, ciò è assiomatico.

Il Prof. J. Romanides parla della “malattia della religione”. In effetti, per il grande teologo dogmatico greco, la religione viene definita come l’identificazione dell´Increato con il creato nell’anima della persona. Per Romanides ogni identificazione delle rappresentazioni dell’Increato con realtà che provengono dall’ambiente creato, è prodotta dal disordine dell’energia noetica che è nell’uomo, lo conduce al livello dell’idolatria ed è il fondamento di ogni eresia.