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Enzo Bianchi - La cattedra dei poveri e dei sofferenti


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a cura di Enzo Bianchi
dal 16 al 20 agosto 2016

Ascolta il primo intervento:

Si è concluso il corso tenuto dal priore, Enzo Bianchi, dal titolo La cattedra dei poveri e dei sofferenti.

I poveri e i sofferenti non vanno solo compatiti e aiutati ma prima di tutto ascoltati perché titolari di un magistero, di un insegnamento per noi. Questa l’idea chiave sviluppata da Enzo grazie ad un’itinerario attraverso l’intero testo biblico. I testi profetici e legislativi dell’Antico Testamento dipingono il povero con i volti più disparati, dagli orfani e le vedove, agli stranieri, agi schiavi, ai malati. Figure diverse, ma tutte accomunate dalla consapevolezza di un bisogno che solo Dio può colmare. Sono questi poveri ad insegnare a Israele ad attendere il Messia, il re giusto e liberatore.

Ma l’Antico Testamento rivela anche un Dio che è dalla parte de poveri, che ascolta il loro grido anche quando non ha voce e che li ama più di ogni altro. È questo stesso Dio che nel Nuovo Testamento, in Gesù, si fa povero, fino ad assumere la condizione di schiavo (cfr. Fil 2,5-9). Gesù è passato facendo del bene e guarendo (cfr. At 10,38), ma soprattutto i poveri li ha incontrati, li ha ascoltati e toccati, si è messo alla scuola del loro magistero di umanità. A noi è chiesto di seguirne le tracce, perché è la comunione il cuore del cristianesimo. 

Acquista tutto il corso:

 

Enzo Bianchi, Cosa è Vangelo? Cosa è buona notizia?


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a cura di Enzo Bianchi
dall'8 al 13 agosto 2016

Se Vangelo significa “buona notizia”, qual è questa buona notizia? Incompreso, mal interpretato quando non addirittura falsato nel corso della storia, il Vangelo ha una sua essenza profonda, rintracciabile sin dalle prime pagine dell’Antico Testamento. Vangelo non indica soltanto il genere letterario del Nuovo Testamento che raccoglie la vita e le parole di Gesù di Nazareth ma, prima di tutto, Cristo stesso che resta il centro della fede cristiana. Ma Vangelo è anche la “buona notizia” che è contenuta in tutte le Scritture.

Tracciando un percorso scritturistico che va dall’Esodo all’epistolario paolino, il priore di Bose ha mostrato al centinaio di ospiti convenuti il cuore di questo messaggio biblico, mettendo in evidenza la continuità e anche la rottura tra le due alleanze. La “buona notizia” rivelata da Gesù Cristo, il Cristo stesso, esiste in nuce già nell’Antico Testamento.

Per fr. Enzo, il cuore della Torah per noi cristiani non è già la Legge ma l’autorivelazione di Dio fatta a Mosè sul monte Sinai (cf. Es 3,14; 34,5-7). Lì il Signore, svelando il suo nome, cioè la sua identità profonda, si rivela come misericordia. Ecco la “buona notizia” che fa da criterio ermeneutico dell’evangelicità dell’Antico Testamento. E lungo tutto il corso della prima alleanza la buona notizia è che la misericordia di Dio ha sempre la meglio sulla sua giustizia.

Nel Nuovo Testamento la “buona notizia” è la vita di Gesù: egli è l’inveramento della misericordia di Dio annunciata nel Primo Testamento. Gesù annuncia e realizza il perdono dei peccati. Egli si mette dalla parte dei peccatori, anzi va alla ricerca di chi soffre per il peccato, mangia con loro amandoli e trasformando le loro vite. Per questo il Vangelo diventa scandalo per gli uomini religiosi: colui che è santo e senza peccato si mescola con i peccatori. Lo stesso pentimento, nel Nuovo Testamento, diventa allora la conseguenza e non la premessa dell’amore di Dio.

Per i cristiani, fede non significa credere in Dio ma che Dio ci ama. Ed ecco l’ultimo sviluppo della buona notizia come amore divino, che sottolinea l’apostolo Paolo: la giustizia di Dio è, in realtà, giustificazione; in Cristo, Dio fa giusti i peccatori.

Vivere umanamente. Riscoprire una grammatica dell’umano


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Leggi tutto: Vivere umanamente. Riscoprire una grammatica dell’umanoa cura di Luciano Manicardi
dal 25 al 30 luglio 2016

Dovremmo imparare a considerarci ospiti dell’umano che è in noi. Ospiti, non padroni. Così potremmo imparare anche ad aver cura dell’umano che è in noi e ad essere solleciti anche verso l’umano sofferente che è nell’altro. L’umano che è in noi è il luogo della nostra immagine e somiglianza con Dio, che ha rivelato il suo volto nell’umanità di Gesù.

1. Una fede umana. Una grammatica dell’umano
2. L’ambivalenza dell’umano
3. La polarità umano/inumano. Il disprezzo e la vergogna
4. La morte e il morire
5. Il comunicare. La parola
6. Vivere il tempo
7. Vivere il quotidiano
8. Corporeità, amore, sessualità
9. Il corpo sofferente. Vivere la malattia

Gesù, il volto della misericordia del Padre


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Leggi tutto: Gesù, il volto della misericordia del Padre

Leggi tutto: Gesù, il volto della misericordia del Padrea cura di Ludwig Monti
dall'11 al 16 luglio 2016

Gesù è venuto a rivelare pienamente e definitivamente Dio e la sua misericordia, attraverso la sua vita umana fatta di azioni e di parole. Per comprendere la misericordia di Dio in verità, cioè secondo Gesù, non possiamo che riandare alle sue parole e ai suoi gesti, sgomberando il campo dalle nostre idee preconcette su Dio. Tutto ciò che Gesù ha detto e fatto per “raccontare Dio” (cf. Gv 1,18), siamo anche noi tenuti a dirlo, a farlo e a crederlo; ma tutto ciò che non ha detto e non ha fatto, anche noi dobbiamo rimuoverlo dalle nostre concezioni su Dio e dal nostro comportamento quotidiano.

“Fare misericordia”, come Gesù ci ha insegnato, è sempre raggiungere l’altro nella sua sofferenza, non guardarlo dall’alto con sentimenti buoni o di pietà. Perché la misericordia accade come evento evangelico solo nel faccia a faccia, nella prossimità, cioè quando accettiamo di rendere l’altro prossimo facendoci vicino a lui. Si tratta di donare all’altro la propria presenza: in questo senso, nessuno di noi può dire di non poter fare misericordia. Ed è questa la via per mettere in pratica lo straordinario compito affidatoci da Gesù: “Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso” (Lc 6,36).

Beati i poveri. Il messaggio biblico della povertà


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Leggi tutto: Beati i poveri. Il messaggio biblico della povertà

Leggi tutto: Beati i poveri. Il messaggio biblico della povertàa cura di Giancarlo Bruni
dal 27 giugno al 2 luglio 2016

L’uomo è costitutivamente povero perché riceve la vita da altri; noi siamo radicale dipendenza. Cosa si intende per povertà? È un bene da custodire o un male da eliminare? Possiamo dire una parola di Dio sulle tragiche situazioni umane? La povertà è una dimensione ricca di un ulteriore senso: è segno del passaggio di Dio nella storia e del suo progetto sulla storia. Cosa significa una chiesa povera, fatta di poveri e per i poveri?

TEMI DELLA SETTIMANA:

1. Le figure della povertà
2. Beati i poveri in spirito
3. Povertà e poveri nella Bibbia
4. La figura del povero nella Bibbia
5. La salmodia del povero
6. Gesù e la povertà (I)
7. Gesù e la povertà (II)
8. I poveri nelle prime comunità cristiane
9. Chiesa e povertà

Maschile e femminile nella Bibbia - Rosanna Virgili


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Leggi tutto: Maschile e femminile nella Bibbia - Rosanna Virgilia cura di Rosanna Virgili
dal 1 al 5 agosto 2016

L'uomo e la donna entrambi creati per stare l'uno di fronte all'altra, per essere una il limite dell'altro, rischiano nella vita e nella storia, anche in quella biblica, di essere invece l'uno contro l'altra.
Rosanna Virgili, biblista presso l’Istituto Teologico Marchigiano, ha guidato l’ottantina di ospiti presenti a Bose questa settimana in un percorso attraverso le storie degli uomini e delle donne dell'Antico Testamento e del Nuovo Testamento. Caino, Abele, Abramo, Sara, Mosè, Davide, Debora, Ruth e Noemi, Pietro,e Maria Maddalena: attraverso il racconto esegetico delle loro vicende umanissime, la Virgili ha cercato di dare significato concreto ai concetti di maschile e femminile, sempre tenendo presente la distinzione tra l'antropologia culturale che definisce gli usi e i costumi e quindi anche i rapporti tra uomini e donne di una data cultura e periodo storico, e l'antropologia teologica che invece rivela nel tessuto della narrazione biblica un impianto etico che pone al centro la relazione.
Il rispetto del limite dell'altro, della differenza, il riconoscimento all'interno della relazione di una trascendenza che impedisce di impadronirsi dell'altro sono ciò che permette di restare nell'alleanza e di non cadere nell'idolatria. Da ultimo la biblista ha mostrato come all'interno del paradigma del maschile e del femminile compreso come paradigma della differenza, della scoperta del proprio limite e della propria non autosufficienza, è possibile leggere la storia dell'alleanza tra Dio e il suo popolo, storia fatta di alterità, di tradimenti, di abbandoni, di perdono e di continue riprese.

Abramo: Dio insegna al credente a camminare


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Leggi tutto: Abramo: Dio insegna al credente a camminarea cura di André Wénin
dal 27 giugno al 2 luglio 2016

Sabato mattina si è concluso il corso biblico a cura di André Wenin dal titolo “Abramo insegna al credente a camminare.”

André Wénin è docente di Antico Testamento alla Facoltà teologica di Louvain-la-Neuve (Belgio) e professore invitato alla Pontificia università Gregoriana di Roma. Amico fraterno della nostra comunità da lunghi anni viene spesso a Bose come insegnante a condividere la sua passione per le Scritture e per gli intrecci dei racconti che contengono.

Wenin ha proposto all’ottantina di ospiti presenti questa settimana un’appassionante lettura della figura di Abramo secondo un percorso narrativo che si apre in Genesi alla fine dell’undicesimo capitolo per concludersi al capitolo 25.

Il professore stesso si è definito come “una guida turistica” che ha accompagnato i suoi ascoltatori all’interno di questo monumento letterario e documento storico che è la storia di Abramo e della sua famiglia.

Il biblista ha focalizzato la sua attenzione sull’evolversi della relazione tra Abramo e il suo Dio, Abramo e la sua donna Sara, Abramo e “tutte le genti della terra”. La consapevolezza di essere il portavoce della benedizione di Dio cresce all’interno di una storia (che è poi quella di ciascuno di noi) di lotta tra la bramosia del possesso e la libertà di chi accetta la vita come dono e impara ad affidarsi a quel Dio che mantiene le sue promesse.

Con questa avventurosa storia fatta di inganni, promesse, delusioni e sorprese che rappresentano il complesso fenomeno umano, davvero “Abramo insegna al credente a camminare”.

 

“Io sono”. Il Messia nel vangelo secondo Giovanni


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Leggi tutto: “Io sono”. Il Messia nel vangelo secondo Giovanni

Leggi tutto: “Io sono”. Il Messia nel vangelo secondo Giovannia cura di Daniel Attinger
dal 4 al 9 luglio 2016

Le formule Io sono nel vangelo secondo Giovanni rivelano alcuni tratti dell’identità di Gesù e vanno comprese in tutta la loro forza. Gesù intende distinguersi dalle parziali o false offerte di luce, di pane, di vita, e insieme svelare all’uomo il senso profondo della sua propria ricerca della luce o del pane o dell’acqua o della vita. Queste parole risuonano come un appello per noi, che siamo chiamati a rispondervi con la nostra vita, facendo nostra l’affermazione di Paolo: “Non sono più io che vivo, ma Cristo che vive in me”.

TEMI DELLA SETTIMANA

1. “Io sono colui che sono” (Es 3,14)
2. “Io sono il Messia” (Gv 4,26)
3. “Io sono il pane di vita” (Gv 6,35)
4. “Io sono la luce del mondo” (Gv 8,12; 9,5)
5. “Io sono la porta” (Gv 10,7.9); “Io sono il buon pastore” (Gv 10,11.14)
6. Il processo intentato a Gesù. La venuta di Gesù come giudizio (Gv 7-12)
7. “Io sono la resurrezione e la vita” (Gv 11,25)
8. “Io sono la via, la verità e la vita” (Gv 14,6)
9. “Io sono la vera vite” (Gv 15,1). Excursus conclusivo su “Io sono” in Giovanni