Uno scandalo salvifico


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2 agosto 2024

Mt 13, 54-58

In quel tempo Gesù 54venuto nella sua patria, insegnava nella loro sinagoga e la gente rimaneva stupita e diceva: «Da dove gli vengono questa sapienza e i prodigi? 55Non è costui il figlio del falegname? E sua madre, non si chiama Maria? E i suoi fratelli, Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda? 56E le sue sorelle, non stanno tutte da noi? Da dove gli vengono allora tutte queste cose?». 57Ed era per loro motivo di scandalo. Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria e in casa sua». 58E lì, a causa della loro incredulità, non fece molti prodigi.


Gesù ritorna in patria, nel luogo che lo ha visto crescere e diventare uomo adulto. Torna “tra i suoi”, tra coloro con cui ha avuto familiarità per trent’anni… Gesù non fa qualcosa di diverso da ciò che ha fatto altrove dall’inizio del suo ministero: si reca in sinagoga, annuncia il Regno, insegna, si mostra per quello che è ed è sempre stato: un uomo innamorato di Dio.

Gesù vorrebbe mostrar loro come proprio la quotidianità, l’ordinarietà della vita sia veramente il luogo della straordinarietà di Dio. …eppure la familiarità condivisa non ha portato i suoi compaesani a riconoscere in lui lo Spirito che lo anima. L’ordinario per loro non può recare in sé lo straordinario. Vedere il figlio del falegname compiere prodigi e manifestare la sapienza di Dio li sorprende (v. 54). E ben presto la sorpresa si tramuta in scandalo, in pietra d’inciampo (v. 57).

Lo stupore si incontra spesso nel vangelo e caratterizza l’atteggiamento di folle e discepoli di fronte a Gesù. Questo stupore però non sempre è preludio alla fede. Nel testo di oggi questo è evidentissimo. Persiste infatti uno scarto tra il cogliere la novità di Gesù, manifestata dalle sue parole e dalle sue azioni e il lasciarsi attrarre da tale novità: quel Gesù davanti a loro nella sinagoga non combacia con l’immagine di Gesù che è a loro nota. Da qui il rifiuto. Perché? 

Gesù ripetutamente nei vangeli è motivo di scandalo, tanto che lui stesso arriva a formulare una beatitudine per coloro che riescono a non inciampare di fronte a lui: “Beato è colui che non trova in me motivo di scandalo” (Mt 11,6). Ciascuno di noi, quindi, deve misurarsi con questa possibilità nella propria relazione con Gesù, deve arrivare a chiedersi: cosa di lui mi scandalizza e rischia di farmi passare dallo stupore al rifiuto? Su cosa inciampo?

Il vangelo di oggi ci fornisce una prima pista di riflessione: ascoltare e seguire Gesù significa uscire dagli schemi rassicuranti del già noto, chiede lo sforzo di abbandonare le sicurezze su cui abbiamo costruito (e spesso ingabbiato) la nostra libertà, significa aprirsi alla novità, proprio lì dove tutto ci sembra già dato in modo definito e definitivo.

Ciò però che mi sembra vada sottolineato è che questo essere “scandalo”, sasso d’inciampo di Gesù non è un fatto accidentale, e tantomeno un trabocchetto che ci viene teso. Questo scandalo è parte integrante del disegno di salvezza di Dio: “Ecco, io pongo in Sion una pietra d’inciampo e un sasso che fa cadere; ma chi crede in lui non sarà deluso” (Is 28,16; Rm 9,33). La fede passa, provata come nel fuoco (cf. 1Pt 1,7), attraverso la possibilità dell’inciampo di fronte a Gesù: non c’è altra via. Perché lì siamo posti di fronte alla domanda cruciale: chi è Gesù per me? In che relazione voglio stare con lui?

E Gesù sperimenta le conseguenze del rifiuto, della non fede (apistia) “lì, a causa della loro incredulità, non fece molti prodigi” (v. 58). I prodigi che Gesù compie si innestano nella fede di colui che è destinatario del prodigio: non sono i prodigi a generare fede, ma è la fede che rende possibile l’impensabile e lo rende possibile nell’ordinarietà e nella quotidianità del nostro vissuto.

sorella AnnaChiara