“Mettiti nel mezzo!”
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9 settembre 2024
Lc 6,6-11
6 In quel tempo di sabato Gesù entrò nella sinagoga e si mise a insegnare. C'era là un uomo che aveva la mano destra paralizzata. 7Gli scribi e i farisei lo osservavano per vedere se lo guariva in giorno di sabato, per trovare di che accusarlo. 8Ma Gesù conosceva i loro pensieri e disse all'uomo che aveva la mano paralizzata: «Àlzati e mettiti qui in mezzo!». Si alzò e si mise in mezzo. 9Poi Gesù disse loro: «Domando a voi: in giorno di sabato, è lecito fare del bene o fare del male, salvare una vita o sopprimerla?». 10E guardandoli tutti intorno, disse all'uomo: «Tendi la tua mano!». Egli lo fece e la sua mano fu guarita. 11Ma essi, fuori di sé dalla collera, si misero a discutere tra loro su quello che avrebbero potuto fare a Gesù.
“Fare del bene o fare del male?” (Lc 6,11). Gesù non lascia aperta la possibilità del non fare ma pone di fronte al bivio, obbliga alla scelta: bene o male. Quando fare il bene è possibile e non lo si fa: questo è male.
Scribi e farisei sono zittiti di fronte a questa alternativa, Gesù vanifica la loro vuota discussione, e chiama ciascuno di noi ad attuare il lento processo del discernimento. Scribi a farisei hanno trovato la “scorciatoia”: applicare o meno la legge, le norme, le regole. Dio dona la sua Parola, la sua legge come via di libertà per gli esseri umani, ma impossessandosi di essa e facendo divenire parola di Dio quelle che in realtà sono parole umane, la legge perde il suo significato. In questo modo offrono agli uomini e alle donne la possibilità di non scegliere: il criterio del giusto è dato dalla legge e dalla sua applicazione. È così eliminata la fatica di discernere.
Gesù entra nel luogo della preghiera, della parola di Dio studiata, spiegata, e sconvolge tutto. Lo fa di sabato: il giorno del riposo, della festa, giorno per il Signore. Gesù nella sinagoga ha già detto: “Oggi si adempie questa Scrittura che voi udite” (cf. Lc 4,21). Gesù è quella Parola non solo letta, spiegata, è quella Parola viva, vissuta, compiuta.
Scribi e farisei “lo osservavano” (v. 7): ma osservano chi? Luca ci ha appena parlato di un uomo con una mano paralizzata che attira subito lo sguardo di Gesù, essi invece sono intenti a scrutare Gesù con occhio indagatore, lo spiano per coglierlo in errore, “cercano un capo d’accusa” (cf. v. 7) contro quest’uomo che è venuto a sconvolgere le pacifiche esistenze protette dalla tutela della legge.
Ma cosa fa di così grave Gesù? Pone al centro l’uomo (cf. v. 8). Gesù è Signore e tale si rivela: conosce i pensieri nascosti nei cuori di questi uomini. È Signore anche del sabato, giorno che viene sottomesso alla più grande e unica legge che Gesù è venuto ad annunciarci, l’unica che ci rende uomini e donne liberi: il comandamento dell’amore. A Gesù non interessano le regole, al centro per lui c’è l’essere umano, chi ha bisogno, chi chiede aiuto, cura, uno sguardo amorevole, di interesse. Pone al centro l’uomo perché, se finora scribi e farisei non si sono accorti di lui, ora sono costretti a guardarlo. Gesù non insegna niente, semplicemente fa spostare il loro sguardo: dallo spiare Gesù al guardare l’uomo.
Nessuno chiede di essere guarito, è Gesù stesso a prendere l’iniziativa, perché egli “oggi” è lì perché si adempia la salvezza. Gesù prende l’iniziativa, contro ciò che ostacola la salvezza. Tuttavia non è lui che si leva ma dice all’uomo “Alzati” (v. 8): non “osservare” la legge ostacola la salvezza ma “non guardare e vedere” l’uomo bisognoso, questo rende tutti bisognosi della salvezza che Gesù è venuto a portare. Fare il male contro l’uomo bisognoso, non accorgersi di lui, guardare con occhio cattivo al fratello: tutto questo allontana dalla volontà di Dio, dall’unica legge che egli ci ha lasciato, l’amore gli uni per gli altri. Un’azione buona è sempre possibile, anche in giorno di sabato!
Gesù non pone al centro solo l’uomo con la mano paralizzata, egli “volge tutt’intorno lo sguardo su di loro” (v. 10), perché tutti, tutti noi siamo bisognosi di questa guarigione che egli è venuto a portare. Tutti noi ne abbiamo bisogno per poter a nostra volta imparare la faticosa, a volte anche dolorosa, arte di discernere autentici gesti di bene.
sorella Elisa