Un Cristo diverso dalle nostre attese
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27 settembre 2024
Dal Vangelo secondo Luca - Lc 9,18-22 (Lezionario di Bose)
18Un giorno Gesù si trovava in un luogo solitario a pregare. I discepoli erano con lui ed egli pose loro questa domanda: «Le folle, chi dicono che io sia?». 19Essi risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elia; altri uno degli antichi profeti che è risorto». 20Allora domandò loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro rispose: «Il Cristo di Dio».
21Egli ordinò loro severamente di non riferirlo ad alcuno. 22«Il Figlio dell'uomo - disse - deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno».
L’evangelista Luca pone questi versetti subito dopo il ritorno degli apostoli e la distribuzione dei pani alla moltitudine vicino Betsaida. L’incipit del brano ci trasporta in un contesto intimo di preghiera: Gesù è in un luogo isolato a pregare, non è da solo con lui ci sono i discepoli. La ricerca di un luogo isolato per la preghiera è un'azione che questo brano ha in comune con quello che lo precede. Anche nell’episodio di Betsaida Gesù è in cerca di un luogo isolato, ma le folle lo seguono. Gesù, padrone del suo tempo, non rimanda le folle, ma le accoglie prendendosi cura di loro nell’insegnamento sul Regno e guarendo coloro che avevano bisogno di cure.
Nel nostro brano le folle ritornano anche in questo contesto di preghiera, richiamate alla memoria dei discepoli dallo stesso Gesù. Dopo aver pregato, Gesù chiede ai suoi discepoli quali siano le opinioni della folla sul suo conto. Avendo chiesto ai discepoli di distribuire i pani da lui spezzati, sa che nel farlo avranno sicuramente sentito dei commenti da parte della gente di fronte a quello che stava avvenendo sotto i loro occhi.
I discepoli rispondono che per le folle Gesù rappresenta il ritorno di Giovanni, oppure di Elia, oppure di qualche profeta. Questa voce della gente è già riecheggiata nell’orecchio dell’ascoltatore dell’evangelista Luca, pochi versetti prima del nostro brano. Queste parole al versetto 7 arrivano all’orecchio del re Erode e lo confondono. Gesù è al centro dello sguardo di molte persone. Erode cerca di vederlo perché incuriosito dal fenomeno di questo rabbi del quale la folla vocifera e le folle stesse lo chiamano profeta.
Ma Gesù, una volta ascoltate le voci della folla riportate dagli apostoli, interroga loro stessi: “Ma voi chi dite che io sia?” (v.20). Voi che siete al mio fianco, che non solo ascoltate le mie parole, ma seguite i miei passi, voi che in questo momento state condividendo con me l’intimità di un luogo solitario, la dolcezza della preghiera, voi che avete abbandonato tutto per seguirmi, chi sono io per voi?
Questa domanda vuole fare emergere una verità: l’immagine che ho di Gesù, è lo specchio del discepolo che sono. Se lo vedo come un rabbi capace di guarire e di scacciare i demoni, forse vivo nella speranza che mi insegni a fare lo stesso; se lo vedo come un maestro di vita, mi aspetto che mi insegni una dottrina, un pensiero, quindi mi aspetto di essere un buon allievo. Se i discepoli si interrogano in verità - e con loro anche noi discepoli e discepole del nostro tempo - sanno che la definizione che daranno del loro maestro non è altro che l’immagine del discepolo che loro vogliono essere. Cosa si aspettano?
Luca non ci riporta la reazione dei discepoli, ma ci racconta Pietro con la sua schietta irruenza che prende subito la parola e dice: “Il Cristo di Dio!”. Risposta perfetta. Pietro non avrebbe potuto dirlo meglio. Gesù è il Cristo di Dio. Questa affermazione però non toglie i discepoli dall’ambiguità, perchè nella storia di Israele il Cristo di Dio è stato raccontato in tanti modi, può percorrere diverse strade che vanno dal prendere il potere politico con mano potente al subire una condanna infamante per la salvezza del popolo. La risposta corretta lascia la sua esecuzione sospesa: quale sarà la strada che Gesù percorrerà come Cristo?
Gesù innanzitutto, visto che le parole di Pietro sono calzanti, invita gli apostoli alla discrezione. Queste parole sono difficili da maneggiare e da diffondere proprio a causa della loro ambiguità: potrebbero far sorgere negli ascoltatori delle false aspettative.
Dal versetto 22 Gesù arriva al nocciolo della questione. Dopo aver fatto riflettere gli apostoli sui diversi sguardi che il mondo ha su di lui, dopo averli fatti riflettere sull’immagine che loro hanno di lui, dopo aver ottenuto da Pietro una risposta convincente, ma non esaustiva, ecco che per la prima volta nel vangelo di Luca, Gesù racconta che tipo di Cristo sarà.
Sarà il “figlio dell’uomo”, ovvero colui che è nato da donna come i suoi discepoli e le sue discepole che lo stanno ascoltando. Ma sarà un figlio d’uomo capace di affrontare sofferenza e condanna, messo a morte per poi approdare con fiducia alla resurrezione il terzo giorno. Gesù condensa in questo insegnamento tutto ciò che lo aspetta e che di conseguenza aspetterà i discepoli che lo vogliono seguire.
La domanda che resta sospesa nell’aria è: adesso che iniziate a intuire quale è la strada che percorreremo, adesso che iniziate a comprendere che tipo di discepoli sarete, siete pronti a percorrere questo sentiero?
Nei versetti successivi Luca ci farà conoscere quali sono le condizioni che il discepolo deve assumere per intraprendere il viaggio della sequela.
fratel Elia