Che cosa ci rende “impuri”
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15 ottobre 2024
Dal Vangelo secondo Luca - Lc 11,37-41 (Lezionario di Bose)
In quel tempo 37mentre Gesù stava parlando, un fariseo lo invitò a pranzo. Egli andò e si mise a tavola. 38Il fariseo vide e si meravigliò che non avesse fatto le abluzioni prima del pranzo. 39Allora il Signore gli disse: «Voi farisei pulite l'esterno del bicchiere e del piatto, ma il vostro interno è pieno di avidità e di cattiveria. 40Stolti! Colui che ha fatto l'esterno non ha forse fatto anche l'interno? 41Date piuttosto in elemosina quello che c'è dentro, ed ecco, per voi tutto sarà puro.
Gesù è invitato a tavola da un fariseo, cioè da un uomo religioso che osservava e studiava la parola di Dio nelle Scritture, parola che però spesso era sommersa dalle tradizioni religiose aggiunte dagli uomini. Quest’uomo rimprovera Gesù di non aver osservato norme di purità tradizionali (utilissime fino ad oggi come igiene!) ma che, allora, non avevano nulla a che fare con l’intenzione che motiva ogni parola e ispirazione di Dio: cioè la giustizia, l’amore e la misericordia.
Gesù gli risponde con una parola simile a quelle proferite molte volte dagli antichi profeti contro la finta pietà, la religiosità idolatra o ipocrita. Parole che ci riguardano e che non possiamo eludere: voi purificate l’esterno della vostra vita, ma è l’interno che ha bisogno di essere purificato perché è pieno di iniquità!
È infatti dall’interno, dal cuore che escono l’impurità e tutte le intenzioni malvagie, dice altrove Gesù (cf. Mc 7,15-23).
Quest’uomo fariseo ci assomiglia moltissimo: anche noi seppelliamo spesso la parola di Dio con le nostre tradizioni che spesso non hanno nulla dell’umanità compassionevole di Dio.
Gesù, come i profeti, più volte ha detto che i precetti di Dio più importanti sono la giustizia, la misericordia e la fedeltà, e che queste sono le cose che dobbiamo praticare, senza dimenticare le altre (cf. Lc 11,42; Mt 23,23).
Dunque lavarsi le mani e il piatto senza purificare il cuore è mentire a sé stessi e a Dio, con un culto che Dio detesta (cf. Is 1-2). Questa parola di Gesù, ancora prima di ammonirci, ci ricorda che abbiamo un’interiorità di cui occuparci seriamente perché è lì, nel cuore, che si decide il perché e il come di tutto il nostro comportamento. Ed è dunque lì che occorre purificarsi perché è lì che coltiviamo, anche senza saperlo, l’idolatriache è sempre iniquità, cioè ingiustizia e malvagità, innanzitutto contro le persone povere.
Gesù ci dà anche una cura radicale: dare in elemosina ciò che abbiamo nel piatto, cioè condividere tutto ciò che abbiamo e siamo, vivendo in comunione e a favore degli altri.
Gesù dice a chi desidera seguirlo qual è la purificazione necessaria: condividere con chi ha meno di noi ciò di cui viviamo. Questo solo purifica il nostro cuore idolatra: perché è dei beni non necessari che il nostro cuore diventa schiavo (cf. Mt 6,24).
Gesù ci guida a combattere la grande battaglia contro l’idolatria del proprio io: contro l’egoismo angoscioso che in noi vuole avere molto nell’illusione di salvare sé stesso.
Ma è proprio ciò che abbiamo in più del necessario che ci rende impuri, cioè sterili, e ci ottunde illudendoci di bastare a noi stessi. E annega in noi la nostra umanità che consiste proprio nel saperci sia mancanti che debitori verso tutti gli altri nostri fratelli e sorelle, nel capire che viviamo grazie agli altri/e, e di non poter vivere nella gioia senza gli altri.
È il rifiuto della comunione, della condivisione che ci rende impuri. Mentre condividere i beni purifica il nostro cuore dalla menzogna e dall’iniquità dell’ingiustizia; e l’umanità che condividiamo con Dio e con tutte e tutte che ci fa trovare vita, gioia, consolazione e insegnamento negli altri e altre che Dio ci mette vicino.
sorella Maria