L’idolo della visibilità
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24 aprile 2024
Gv 7,1-13 (Lezionario di Bose)
In quel tempo,1 Gesù se ne andava per la Galilea; infatti non voleva più percorrere la Giudea, perché i Giudei cercavano di ucciderlo.
2Si avvicinava intanto la festa dei Giudei, quella delle Capanne. 3I suoi fratelli gli dissero: «Parti di qui e va' nella Giudea, perché anche i tuoi discepoli vedano le opere che tu compi. 4Nessuno infatti, se vuole essere riconosciuto pubblicamente, agisce di nascosto. Se fai queste cose, manifesta te stesso al mondo!». 5Neppure i suoi fratelli infatti credevano in lui. 6Gesù allora disse loro: «Il mio tempo non è ancora venuto; il vostro tempo invece è sempre pronto. 7Il mondo non può odiare voi, ma odia me, perché di esso io attesto che le sue opere sono cattive. 8Salite voi alla festa; io non salgo a questa festa, perché il mio tempo non è ancora compiuto». 9Dopo aver detto queste cose, restò nella Galilea.
10Ma quando i suoi fratelli salirono per la festa, vi salì anche lui: non apertamente, ma quasi di nascosto. 11I Giudei intanto lo cercavano durante la festa e dicevano: «Dov'è quel tale?». 12E la folla, sottovoce, faceva un gran parlare di lui. Alcuni infatti dicevano: «È buono!». Altri invece dicevano: «No, inganna la gente!». 13Nessuno però parlava di lui in pubblico, per paura dei Giudei.
In questo tempo pasquale il nostro lezionario ci propone alcuni capitoli del vangelo di Giovanni, un vangelo certamente più difficile di altri… E anche oggi sarebbe difficile in queste poche righe sviscerare (sempre che sia possibile) il senso profondo di queste parole. C’è però un tema che lo avvicina a uno dei problemi che attraversano il nostro tempo: la visibilità.
Il Gesù secondo Giovanni vive un momento di celebrità in Galilea dopo la moltiplicazione dei pani ed è fuggito di fronte a chi lo voleva prendere per farlo re (cf. Gv 6,15). I suoi fratelli, cioè il suo clan famigliare, sembrano voler cavalcare questa celebrità e lo esortano ad esportarla anche nel centro spirituale della loro fede: Gerusalemme. Gli dicono infatti: “Parti di qua e va’ nella Giudea… nessuno se vuole essere riconosciuto pubblicamente agisce di nascosto. Se fai queste cose, manifestati al mondo!” (v.4). L’evangelista chiosa che neanche i suoi fratelli credevano in lui (v .5). Cioè non credevano nel modo corretto, per usare un'espressione tipica giovannea: “non lo conoscevano”. Questo perché in Giovanni, ma anche nei sinottici, Gesù è sempre molto attento a non suscitare false interpretazioni della sua messianicità. Invero queste parole assomigliano molto a una delle tentazioni diaboliche dei sinottici, quando Satana porta Gesù nel Tempio di Gerusalemme e lo invita a mostrare il suo potere gettandosi giù dal pinnacolo (Lc 4,9).
Ma questo imperativo: “Manifestati al mondo!” sembra essere diventata un’implicita necessità anche dei nostri tempi. Soprattutto grazie ai nuovi mezzi di comunicazione, anche la vita di ognuno di noi sembra acquistare valore solo nella misura in cui è visibile agli occhi degli altri, di molti altri, di quanti più altri possibile. E occorre essere coscienti che i social network vivono e soprattutto prosperano economicamente, generando e poi alimentando come un bisogno, la visibilità e l’esposizione di molti aspetti, anche i più personali e intimi della nostra vita.
Inutile dire che questo può essere pericoloso, in età e stati critici della vita. Ma soprattutto può essere causa di progressivo distacco dalla realtà, e un autoinganno che può causare alla lunga innumerevoli frustrazioni. Perché la visibilità che un certo mondo oggi ci chiede è idealistica, individualistica, e facilmente può diventare un idolo, a cui rischiamo di sacrificare ogni cosa; soprattutto la nostra intimità.
Ma come ci insegna la Scrittura, l’idolatria non regge alla prova del tempo. E infatti tante persone famose di oggi - anche persone sapienti che sono stati maestri di vita - una volta entrati nel ‘frullatore della popolarità’ hanno perso velocemente credibilità, consistenza, e di loro parla impietosamente il salmista quando dice: “Son ripassato ed ecco non c’era più, l’ho cercato e più non l’ho trovato” (Sal 37,36).
Ma tornando a Gesù, lui pur avendo una vocazione universale, rifiuta l’imperativo dei suoi fratelli, e dopo averli sviati sale alla festa “quasi di nascosto” (v. 10)… un nascondimento che non gli impedirà di predicare, ma che tuttavia gli lascia la libertà di essere quello che è. Una libertà che è trasmessa anche agli altri, che sono chiamati liberamente a credere o non credere in lui (v. 12).
Forse oggi dovremmo tornare a quel detto epicureo non lontano dalla mentalità dei primi monaci: “Vivi nascosto!”. Averlo presente come una sorta di protezione della nostra intimità, del vivere quotidiano nostro e dei nostri cari, che può dare un primo frutto di libertà, ma anche ispessire qualitativamente la nostra vita.
fratel Raffaele
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