Pregare nella storia


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La preghiera è una componente essenziale della storia perché il grido dei poveri e delle vittime che sale a Dio chiedendo giustizia e pace non va perduto, come ha detto Gesù: “Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti che gridano a lui giorno e notte?” (Luca 18,7). Chi pensa che la preghiera sia un’evasione dalla storia, un’esenzione a basso prezzo, mostra di non conoscere l’attesa, la speranza e vive il succedersi degli eventi come un eterno continuum in cui regna il fatalismo e la lettura cinica della realtà. Quando il successore di Pietro chiede alla chiesa di pregare, le chiede di essere conseguente più che mai con la propria fede, di stare nella storia con le armi che le sono proprie, le armi salvifiche dell’intercessione, le chiede di stare nel mondo senza essere mondana, di assumere un comportamento ispirato dall’ascolto della parola di Dio. Come dice il salmista: “Ascolto la parola del Signore. Dio parla di pace al suo popolo, ai suoi fedeli, affinché non ritornino alla loro follia!” (Salmo 85,9).
Senza preghiera c’è solo una vaga appartenenza al cristianesimo, non c’è fede autentica ma solo ideologia, non c’è speranza ma solo autosufficienza, non c’è carità cristiana ma solo frenesia di protagonismo filantropico. Sì, anche quando le apparenze paiono affermare il contrario, la preghiera – dialogo con il Dio che salva – salverà il mondo.


ENZO BIANCHI
Le parole della spiritualità
Rizzoli, 1999 pp.121-123