Obbedienza


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Se la Legge è manifestazione della volontà di Dio, del partner contraente l'alleanza, l'obbedienza a tutti i suoi comandi è il desiderio stesso del credente che ama il suo Dio e trova la sua gioia nel fare la sua volontà. La formulazione usata in Esodo 24,7 per indicare l'accettazione della volontà di Dio espressa nella Legge da parte del popolo d'Israele è significativa: "Quanto il Signore ha detto noi lo faremo e lo ascolteremo''. La prassi, la messa in pratica della parola, precede l'ascolto della parola stessa, quasi a suggerire che è più importante l'assenso fondamentale dato a Dio che la specificazione del contenuto dei singoli comandi. Inoltre il testo significa che solo mettendo in pratica la Parola, cioè obbedendola realmente, la si comprende veramente. Questo radicamento dell'obbedienza all'interno dell'alleanza, dunque della relazione di ascolto del credente nei confronti del suo Dio, dà il tono anche all'obbedienza cristiana. Per il Nuovo Testamento l'ascoltare, inteso nel senso di percezione della volontà di Dio, si realizza veramente solo quando l'uomo, con la fede e l'azione, obbedisce a quella volontà. Come coronamento dell'ascoltare (akouo/audire) nasce dunque l'obbedire (ypakouo/obaudire), quell'obbedire che consiste nel credere. Paolo parla più volte dell’"obbedienza della fede'', intendendo che la fede si configura come obbedienza e che l'obbedienza manifesta la fede. Ma il proprium dell'obbedienza cristiana si trova nell'obbedienza del Cristo stesso. Ora, i tre più significativi testi che ci parlano dell'obbedienza di Cristo (Romani 5,19: "per l'obbedienza di uno solo, tutti saranno costituiti giusti''; Filippesi 2,8: "Cristo umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte''; Ebrei 5,19: "Cristo imparò l'obbedienza dalle cose che patì'') compiono di fatto una sintesi della vita, del ministero e dell'opera salvifica di Gesù ponendoli sotto la categoria dell'obbedienza.