Progetto e comitato scientifico

La venticinquesima edizione del Convegno ecumenico internazionale di spiritualità ortodossa, organizzato in collaborazione con le Chiese ortodosse (Bose, dal 6-9 settembre 2017), desidera approfondire una dimensione essenziale della vita cristiana: la xenitéia, la coscienza di essere stranieri e residenti di passaggio sulla terra (cf. Eb 11,13), che apre all’accoglienza dell’altro come dono di Dio, alla philoxenía (cf. Eb 13,2).

 

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XXV Convegno ecumenico internazionale di spiritualità ortodossa
IL DONO DELL'OSPITALITÁ
Monastero di Bose, 6-9 settembre 2017
in collaborazione con le Chiese ortodosse

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La venticinquesima edizione del Convegno ecumenico internazionale di spiritualità ortodossa, organizzato in collaborazione con le Chiese ortodosse (Bose, dal 6-9 settembre 2017), desidera approfondire una dimensione essenziale della vita cristiana: la xenitéia, la coscienza di essere stranieri e residenti di passaggio sulla terra (cf. Eb 11,13), che apre all’accoglienza dell’altro come dono di Dio, alla philoxenía (cf. Eb 13,2).

I cristiani sono chiamati a essere stranieri capaci di ospitalità. La chiesa di Dio, le chiese locali e i cristiani vivono il già dell’anticipazione del regno e il non ancora dell’essere migranti verso la Gerusalemme celeste. Il convegno si sforzerà di illustrare alcuni aspetti e momenti di questa tensione costitutiva e feconda dell’essere chiesa in cammino, attingendo soprattutto alla ricca tradizione dell’oriente cristiano e all’insegnamento dei padri, all’esempio del monachesimo, ma anche mettendosi in ascolto dell’esperienza delle chiese ortodosse oggi.

Nell’Antico Testamento, Abramo e Sara, stranieri nella terra promessa, offrono l’ospitalità ai tre sconosciuti di passaggio, in cui riconoscono la presenza di Dio. Dalla benedizione dell’ospite accolto sgorga la gioia di un figlio, che apre il tempo alla gioia messianica. Essere stranieri ed essere ospitali sono due momenti della stessa esperienza spirituale.

Nel Nuovo Testamento, il Messia Gesù, il Figlio dell’uomo, è anche lo straniero che non ha una pietra su cui posare il capo. Con la sua resurrezione e il dono dello Spirito Santo apre la casa del Padre a tutti coloro che credono in lui (cf. Gv 6,37-40). Così, avverte l’Apostolo, non siamo “più stranieri né ospiti”, ma siamo “concittadini dei santi e familiari di Dio, edificati sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti, avendo come pietra d’angolo lo stesso Gesù” (Ef 2,18-20).

I padri del deserto come stranieri fuggono il mondo, ma più di una volta praticano una squisita ospitalità anche verso il nemico o il persecutore. La xenitéia – la condizione di estraneità al mondo che il monaco vive nelle sue profondità – riemerge come philoxenía, ospitalità, accoglienza dell’altro, incontro accogliente di tradizioni diverse. La storia mostra delle straordinarie occasioni di ospitalità e reciproca accoglienza delle diverse tradizioni liturgiche e culturali, dal monachesimo sinaita e palestinese a san Benedetto in occidente, dal Monte Athos al rinnovamento del monachesimo in Romania e nei Balcani, in Ucraina e Russia, tra xviii e xix sec., grazie al movimento filocalico sviluppatosi attorno a san Paisij Veličkovskij.

La figura dello strannik, il pellegrino che attraversa le immensità dell’Impero russo da un luogo santo a un altro, è al tempo stesso memoria dell’essere stranieri e promessa di dimorare nella comunione.

C’è anche una dimensione dell’ospitalità come accoglienza e confronto con l’altra tradizione teologica, spirituale, liturgica, come ha mostrato la feconda esperienza della diaspora dei teologi ortodossi russi in occidente dopo la rivoluzione del 1917. La comunione ritrovata è preceduta da un’uscita da se stessi, che sa stupirsi e interroga il luogo in cui abitiamo: Adamo, dove sei? (Gen 3,9), Dov’è Abele tuo fratello? (Gen 4,9). In che modo gli stranieri che attraversano le nostre frontiere interpellano il nostro essere cristiano, la nostra capacità di accoglienza (cf. Mt 25,35), la nostra ecclesiologia? Il movimento dall’estraniamento alla famigliarità, dalla distanza alla prossimità, delinea i contorni di una ospitalità come dono, che allarga i confini della nostra umanità.

Il programma, che sarà pubblicato prossimamente, è stato elaborato dal Comitato scientifico presieduto da Enzo Bianchi (Bose) e composto da Lino Breda (Bose), Sabino Chialà (Bose), Lisa Cremaschi (Bose), Luigi d’Ayala Valva (Bose), Hervé Legrand (Parigi), Adalberto Mainardi (Bose), Raffaele Ogliari (Bose), Antonio Rigo (Venezia), Michel Van Parys (Chevetogne). Il convegno è aperto a tutti.