Guardare all’umanità di Gesù

Davide Benati
Davide Benati

3 maggio 2024

Gv 14,6-14

In quel tempo 6disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. 7Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto».
8Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». 9Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: «Mostraci il Padre»? 10Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere. 11Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse.
12In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch'egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre. 13E qualunque cosa chiederete nel mio nome, la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio. 14Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò.


Il testo liturgico di oggi si trova all’interno dei cosiddetti “discorsi di addio” di Gesù nel IV vangelo, parole che Gesù dice ai suoi discepoli prima della passione, per dar loro coraggio, per far loro intravedere le ragioni di fiducia che si celano anche al cuore del momento più buio della sua vicenda umana, per far cogliere loro che al fondo di tutto c’è un Dio che vuole vita in abbondanza per gli uomini sue creature (Gv 10,10). Perché comprendano che la parola definitiva è l’Amore, non la morte.

Ma i discepoli sono disorientati, non comprendono affatto: uno dopo l’altro (Pietro, Tommaso, Filippo, Giuda) reagiscono con interventi che denotano smarrimento e turbamento: “Signore, dove vai?” (v. 13,36), “non sappiamo dove vai: come possiamo conoscere la via?” (14, 5). 

È in questo contesto che si pone la richiesta di Filippo “Signore, mostraci il Padre e ci basta” (v. 14,8). Intervento quantomeno fuori luogo il suo, perché Gesù ha appena affermato “fin da ora conoscete [il Padre] e lo avete veduto” e Filippo chiosa, chiedendo di poter vedere il Padre. 

Ma come dar torto a Filippo? Non è anche la nostra attesa più profonda quella di poter vedere finalmente, in modo diretto Dio stesso? Questo, ci sembra, ci basterebbe per credere, ci basterebbe per affrontare la vita, ci basterebbe per scacciar via finalmente ogni dubbio, ogni smarrimento…

È il desiderio dell’uomo da sempre: “Se tu squarciassi i cieli e scendessi…” (Is 63,19) come sarebbe tutto più facile! Pensiero che ci tenta, ma pensiero, anche, che mostra tutta la nostra incapacità di accogliere il mistero di Dio.

Filippo non ha capito, e con lui anche noi non capiamo: il Signore Dio ha già squarciato i cieli ed è sceso tra noi, nell’umanità di Gesù: “chi ha visto me ha visto il Padre” dice Gesù, “non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me?” (vv 9-10). 

Da duemila anni a questa parte una sola è la via per vedere Dio: guardare all’umanità di Gesù, credere all’umanità di Gesù, come si rivela nei suoi gesti, nelle sue parole, nella sua morte e resurrezione. Non vi è la possibilità di una manifestazione di Dio diversa da questa. Non segni eclatanti e grandiosi, ma il volto di un uomo che ha amato e donato sé stesso…

Filippo aveva davanti a sé questo volto di Dio (Gv 1,18); noi abbiamo davanti agli occhi le Scritture che ci manifestano questo volto di Dio. Eppure… 

Oggi facciamo memoria di due apostoli: Filippo, uno dei primi chiamati più volte ricordato nel vangelo di Giovanni; e Giacomo, figlio di Alfeo (Mt 10,3), di cui poco ci dicono i vangeli, e che invece è menzionato in altri testi neotestamentari per il suo impegno di responsabilità nella prima comunità cristiana a Gerusalemme e perché autore della lettera che porta il suo nome.

E trovo consolante che per celebrarli la liturgia ci proponga proprio questo brano in cui Filippo dimostra sommamente di non riuscire a comprendere il mistero di Dio; consolante perché ci ricorda che gli apostoli non erano molto diversi da noi: dubbiosi, dalla fede piccola, come noi; e tuttavia, e qui sta la loro grandezza, uomini che si sono resi disponibili: tramite il loro “sì” il vangelo ha raggiunto ogni confine del mondo!

sorella AnnaChiara