L’unico Pastore è Gesù
7 dicembre 2024
Gv 10,1-10
In quel tempo Gesù disse 1 «In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un'altra parte, è un ladro e un brigante. 2Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore. 3Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. 4E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. 5Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei». 6Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro.
7Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. 8Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. 9Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo. 10Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza.
C’è un’unità di tempo e di luogo che unisce i capitoli 7-10 del vangelo di Giovanni: inquadrata da due segnalazioni dell’ormai aperta ostilità delle autorità giudaiche (uccidere: 7,1 e catturare: 10,39), troviamo in questa sezione la rivelazione della messianicità di Gesù, avvenuta nello spazio del tempio e durante la festa delle Capanne. Nell’ultimo giorno, «il gran giorno della festa», sono inserite la promessa dell'acqua viva, l’identificazione di Gesù con la luce del mondo, la guarigione del cieco nato, il discorso sul buon Pastore (7,37-10,21).
L’immagine del Pastore è definita nel nostro testo una «similitudine», non esattamente una parabola, ma qualcosa da decifrare, un “discorso segreto (allusioni, velate, ma precise, al Cristo e alla sua missione)”, che gli ascoltatori qui non comprendono.
I vangeli di Matteo e Luca riferiscono la ricerca della pecora smarrita da parte del pastore e la gioia per il suo ritrovamento (cf. Mt 18,12-14, Lc15,3-7): sono testi che presentano la drammatica condizione della pecora e la misericordia di chi la cerca. In Giovanni il discorso è focalizzato sull’agire del pastore: egli chiama, fa uscire, cammina davanti. La terminologia ricorda quella del nuovo esodo che corrisponde a una liberazione operata dal Santo, il salvatore, il redentore, il re, il creatore di Israele (cfr. Is 43,3.14-15).
Siamo di fronte all’annuncio di Gesù come salvatore e messia. “Egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori... le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. (10,3-4). Precedentemente Gesù aveva affermato: “In verità, in verità io vi dico: viene l'ora – ed è questa – in cui i morti udranno la voce del Figlio di Dio e quelli che l'avranno ascoltata, vivranno” (5,25).
Nel capitolo successivo al discorso sul Pastore compie il segno che conferma la sua identità: Gesù “gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». Il morto uscì (11,43-44). Il tema del Pastore è strettamente legato a quello della vittoria sulla morte. Così ne parla la lettera agli Ebrei “Dio ha ricondotto dai morti il Pastore grande delle pecore, il Signore nostro Gesù” (13,20) e nella tradizione liturgica e iconografica la discesa agli inferi e la resurrezione di Adamo sono interpretate in questi termini: c’è la chiamata per nome, l’uscita dal regno della morte, la conoscenza della voce del Salvatore.
L’immagine del Pastore presentata da Giovanni è indissociabile dall’opera redentiva di Cristo; la sua applicazione ad altre figure rimane problematica.
Il testo di Gv 10 ha un linguaggio che si presta a più interpretazioni. Gesù stesso afferma di essere sia la “porta” attraverso cui il pastore entra sia anche lo stesso Pastore. La porta, il guardiano, il ladro e il brigante hanno ricevuto varie interpretazioni nella chiesa antica. La porta è Gesù, ma sono anche le Scritture (Crisostomo: “chiama le Scritture una porta, perché ci portano a Dio, e ci aprono la conoscenza di Dio, plasmano le pecore, le custodiscono, e non permettono ai lupi di entrare dietro di loro. Perché la Scrittura, come una porta sicura, sbarra il passaggio contro gli eretici”) e pure la Chiesa (Ireneo: “gli apostoli ammassarono nella chiesa, come in un ricco tesoro, tutto ciò che riguarda la Verità, affinché chiunque vuole prenda da lei la bevanda della Vita. Perché è lei la porta della vita, mentre «tutti» gli altri «sono ladri e predatori»”, AH III,4,1); il guardiano è stato interpretato come Mosè (Crisostomo) o lo Spirito santo; i ladri e i briganti sono i vari oppositori e eretici.
Si comprende come nelle divisioni della chiesa antica i termini porta, pastore e ladro abbiano ricevuto successive precise individuazioni. Nel Nuovo Testamento il termine “pastori” si trova una sola volta, associato ai dottori: “Egli ha dato ad alcuni di essere apostoli, ad altri di essere profeti, ad altri ancora di essere evangelisti, ad altri di essere pastori e maestri” (Ef 4,11).
Nella Chiesa di Cristo tutti sono chiamati ad essere pecore che ascoltano la voce del Signore, tutti sono chiamati all’unione con Dio, tutti sono chiamati alla comunione con Cristo e alla sua sequela. Dice Ignazio di Antiochia: “Cristo è la porta del Padre, per la quale entrarono Abramo, Isacco, Giacobbe, i profeti, gli apostoli e la Chiesa. Tutte queste cose hanno un unico scopo: la nostra unione con Dio” (Ai Filadelfiesi 9).
Certo ci sono doni e vocazioni diverse e ognuno ha un compito nella costruzione comune, ma unico rimane il Pastore, unica la sua opera di salvezza. Nell’umile ricerca della sequela del Signore, chi è chiamato al servizio di guida dei fratelli ha il compito di rimandare alle Scritture, a Cristo, alla presenza dello Spirito santo, che insegna ogni cosa e ci fa partecipi della vita di Dio.
sorella Raffaela