Un amore disarmato
7 gennaio 2025
Dal Vangelo secondo Matteo - Mt 2,13-18 (Lezionario di Bose)
13 I magi erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: «Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò: Erode infatti vuole cercare il bambino per ucciderlo».
14Egli si alzò, nella notte, prese il bambino e sua madre e si rifugiò in Egitto, 15dove rimase fino alla morte di Erode, perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta:
Dall'Egitto ho chiamato mio figlio.
16Quando Erode si accorse che i Magi si erano presi gioco di lui, si infuriò e mandò a uccidere tutti i bambini che stavano a Betlemme e in tutto il suo territorio e che avevano da due anni in giù, secondo il tempo che aveva appreso con esattezza dai Magi. 17Allora si compì ciò che era stato detto per mezzo del profeta Geremia:
18Un grido è stato udito in Rama,
un pianto e un lamentogrande:
Rachele piange i suoi figli
e non vuole essere consolata,
perché non sono più.
“Un grido è stato udito in Rama”: questo versetto del profeta Geremia citato dall’evangelista Matteo, nella narrazione della terribile strage degli innocenti, esprime quell’incessante flusso di sofferenza scatenata dall’inaudita violenza che attraversa la storia dell’umanità, da Abele ucciso dal fratello Caino (cf. Gen 4,1-8) fino ai nostri giorni; anzi, fino alla fine della storia, come dirà Gesù nel discorso escatologico: “Sentirete parlare di guerre… si solleverà nazione contro nazione… Il fratello farà morire il fratello…”.
L’uomo sembra incapace di percorrere vie diverse da quelle della guerra e della violenza, della prepotenza esercitata da alcuni su altri, più deboli e fragili come i bambini di Betlemme uccisi dalla crudeltà di Erode che non sa accogliere la notizia che un altro re è nato, che non sa far spazio a una regalità altra dalla sua, una regalità manifestata in un piccolo bambino.
Gesù è stato accolto prima da Maria e Giuseppe, poi dai poveri d’Israele (i pastori), poi dai sapienti delle genti (i Magi) ma ora è rifiutato dal potente di turno che si sente minacciato da questo bambino che è venuto solo a narrarci un amore disarmato e umile, un amore che manifesta l’alterità delle logiche di Dio rispetto alle nostre logiche, fatte così spesso di inimicizia, prepotenza e rifiuto dell’altro.
Già all’inizio della sua vicenda umana, nei primi anni della sua vita, Gesù sperimenta come per salvare il mondo egli dovrà farsi carico di tutto il dolore che l’uomo genera con la sua cattiveria e dovrà fare sue quelle lacrime e quel grido che da sempre attraversano la storia.
Gesù farà questo facendosi lui stesso vittima, stando accanto a tutte le vittime della storia, lasciando che un brigante sia graziato al suo posto: “Chi volete che io rimetta in libertà: Barabba o Gesù?”, dirà Pilato alla folla, che risponderà rifiutando colui che ha sempre scelto e narrato solo la forza disarmata dell’amore.
All’inizio della sua vita Gesù sperimenta su di sé questo amore disarmato, grazie alla cura e alla protezione che riceverà da Giuseppe e Maria, due poveri e giusti che hanno fatto spazio all’agire di Dio nelle loro vite e che continuamente si fanno attenti e obbedienti alle sue visite.
Gesù per ora si salva, ma diventando insieme ai suoi genitori un fuggiasco in terra straniera fino a quando, tornato in Israele, sperimenterà l’essere straniero nella propria patria. Per ora Gesù si salva dall’onda della violenza di Erode, tanto simile a quella che vediamo ancora noi oggi, ma il suo cammino in mezzo agli uomini è ormai segnato: egli, per spezzare il folle vortice della violenza e della morte, dovrà deporre la propria vita morendo per noi sulla croce, come un maledetto e rifiutato.
Ma solo così egli diverrà speranza per tutte le vittime della storia che attendono il compiersi delle parole dell’Apocalisse:
"Ecco la tenda di Dio con gli uomini!
Egli abiterà con loro
ed essi saranno suoi popoli
ed egli sarà il Dio con loro, il loro Dio.
E asciugherà ogni lacrima dai loro occhi
e non vi sarà più la morte
né lutto né lamento né affanno,
perché le cose di prima sono passate" (Ap 21,3-4)
sorella Ilaria
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