A due a due

Foto di Lerone Pieters su Unsplash
Foto di Lerone Pieters su Unsplash

Lc 10,1-9

In quel tempo 1 il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. 2Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! 3Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; 4non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada. 5In qualunque casa entriate, prima dite: «Pace a questa casa!». 6Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. 7Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all'altra. 8Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, 9guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: «È vicino a voi il regno di Dio».


I santi Cirillo, monaco, e Metodio, vescovo, “apostoli degli Slavi” del IX secolo, di cui oggi facciamo memoria, hanno incarnato fedelmente nelle loro esistenze le indicazioni semplici e audaci che Gesù rivolge ai settantadue discepoli missionari. Gesù non vuole che il gruppo dei dodici diventi un circolo magico, un’élite di “amiconi”. Allarga gli orizzonti, condivide e spande potere, suscita carismi fino ad avvolgere il mondo intero con il suo evangelo. Nessuno può considerarsi escluso.

Fraternità è la parola chiave della missione. “Andate a due a due”: accoglietevi prima di tutto reciprocamente, frantumate l’ebbrezza di altisonanti ideali solitari irraggiungibili, amatevi per quello che siete, abbiate cura delle vostre fragilità, non avanzate pretese, portate il peso l’uno dell’altro, sorreggetevi a vicenda nelle tribolazioni quotidiane. “Non è bene che l’essere umano sia solo” (Gen 2,18). È il rigetto del narcisismo primordiale. La carica sconvolgente del volto dell’altro bandisce l’eccentrico protagonismo dell’io faccendiero. Questa è la fraternità “pneumatica”, dono dello Spirito, da custodire. “Si possono elaborare piani pastorali perfetti, mettere in atto progetti ben fatti, organizzarsi nei minimi dettagli; si possono convocare folle e avere tanti mezzi, ma se non c’è disponibilità alla fraternità, la missione evangelica non avanza” (Papa Francesco).

Due a due perché “dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro” (Mt 18,20). 

“Pregate” dunque: è il primo imperativo affidato alla fraternità. O si è piccole comunità oranti o non si è nulla. Pregate con lo sguardo rivolto alla messe abbondante, con il cuore colmo di compassione per questo nostro mondo meraviglioso e malato insieme. Cercate soprattutto l’intimità con il Signore. Nutritevi della parola di Dio che ci presenta la visione più alta dell’umano e quella più bassa del divino, la visione più rivoluzionaria della storia. Siate assidui frequentatori della Scrittura. Cirillo e Metodio cominciarono la traduzione della Bibbia in slavo inventando un nuovo alfabeto, fecero dello slavo la lingua della celebrazione liturgica e della predicazione.

“Andate come agnelli” nella terra dei lupi, con mitezza, con la mano disarmata, praticando la nonviolenza, rispondendo al male con il bene, costruendo relazioni di tenerezza, benevolenza e armonia. Non affannatevi per il denaro, camminate leggeri, senza pesi inutili. Cercate una vita semplice, chiara, trasparente, senza secondi fini.

Le uniche parole da dire, da proclamare sono: “Pace” e “Il regno di Dio è vicino”. Quello che conta è davvero poco. Non servono altre parole. Il Signore non ci vuole moltiplicatori di lunghi discorsi o noiosi sproloqui. Noi spesso ci lamentiamo che il mondo si è allontanato da Dio. Questo è il tempo in cui è Dio che si avvicina all’umanità e l’impegno per la pace, che è l’abbattimento dei muri di separazione e il fiorire della vita in tutte le sue forme, si fa urgente.

fratel Giandomenico