Un pane che profuma di dono

immagine satellitare - Foto di USGS su Unsplash
immagine satellitare - Foto di USGS su Unsplash

12 maggio 2025

Dal Vangelo secondo Giovanni - Gv 6,48-58

In quel tempo Gesù disse: «48Io sono il pane della vita. 49I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; 50questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia.  51Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo». 52Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». 53Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. 54Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno. 55Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. 56Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. 57Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. 58Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».


Il capitolo 6 di Giovanni ci presenta una delle realtà più scandalose del cristianesimo, che affonda le sue radici nel mistero del Natale. A Natale celebriamo il Verbo di Dio che si fa carne, il Dio immortale che si fa materia, l’alto che si fa basso. Gesù prende corpo in una donna, Maria, e nasce a Betlemme di Giudea, la “casa del pane”.

 Ecco come Bernardo di Clairvaux, un monaco del XII secolo, fa l’elogio di Betlemme: “Gesù Cristo, Figlio di Dio, nasce a Betlemme di Giuda. Che favore per questo villaggio! Non a Gerusalemme, la città dei re della Giudea, nasce Gesù, ma a Betlemme, il più piccolo dei capoluoghi di Giuda. Piccola Betlemme, ormai esaltata dal Signore; l’Altissimo si è fatto minimo in te, lui che ha fatto gran caso di te”. E continua: “Betlemme significa ‘casa del pane’ … Se vi nutrite del pane della parola divina, per quanto indegni ne possiate essere, ricevete, con tutta la fede e la pietà di cui siete capaci, il pane che scende dal cielo e dà la vita al mondo. È il corpo del Signore Gesù questo pane, la sua carne di Risorto, piena di vita nuova, che riparerà e fortificherà il vecchio otre del vostro corpo”.

Alla nascita è già profetizzato ciò che si compirà in tutta la vicenda terrena di Gesù: una vita donata, un pane spezzato, per incontrarci, per creare un luogo in cui noi e lui possiamo diventare una cosa sola.

La vita di Gesù è legata a un dono, dall’inizio alla fine. Gesù è il dono di Dio. È il regalo di Dio all’umanità. Dio vuole entrare in comunione con te, con ogni tua fibra. Il brano di oggi ci fa entrare in questa dinamica di amore. E che immagine più eloquente per narrare tutto questo se non il cibo, il pane, un po’ di frumento da macinare e impastare?

La pericope giovannea mette al centro la carne, il corpo, il pane con un linguaggio scandalosamente realistico, a tratti persino duro. Siamo davanti a un testo che recupera l’atto primordiale di ogni essere vivente: il mangiare. Il verbo greco usato da Giovanni per “mangiare” è trógo, che alla lettera si traduce con “masticare con i denti, triturare”. Il verbo è di solito usato per indicare più il mangiare degli animali che dell’uomo. Il legame del mangiare con la vita è essenziale: per vivere abbiamo bisogno di mangiare. L’atto di mangiare poi è rinvio all’attività culturale dell’umanità: implica il lavoro, la preparazione del cibo, la socialità, la convivialità. Il mangiare è connesso a una tavola, luogo primo di creazione di rapporti.

Dicendo “chi mangia me” Gesù raggiunge dunque l’uomo nella sua dimensione corporea, nella sua quotidianità e nel suo bisogno universale, essenziale per vivere, che è il mangiare. Gesù comunica la sua vita divina agli uomini e alle donne credenti in lui. Gesù ascolta la nostra fame, la nostra sete. La prende sul serio, più di quanto facciamo noi. Gesù si prende cura dei nostri bisogni e ci nutre rivelandosi così coinvolto fattivamente nella nostra fatica di vivere. Non solo il Signore Gesù sazia, ma lo fa in abbondanza

Il fine di Gesù è farci vivere, semplicemente vivere, vivere davvero.

fratel Giandomenico