Nessuno potrà togliervi la vostra gioia
4 giugno 2025
Dal Vangelo secondo Giovanni - Gv 16,16-23a (Lezionario di Bose)
In quel tempo Gesù disse: « 16Un poco e non mi vedrete più; un poco ancora e mi vedrete». 17Allora alcuni dei suoi discepoli dissero tra loro: «Che cos'è questo che ci dice: «Un poco e non mi vedrete; un poco ancora e mi vedrete», e: «Io me ne vado al Padre»?». 18Dicevano perciò: «Che cos'è questo «un poco», di cui parla? Non comprendiamo quello che vuol dire».
19Gesù capì che volevano interrogarlo e disse loro: «State indagando tra voi perché ho detto: «Un poco e non mi vedrete; un poco ancora e mi vedrete»? 20In verità, in verità io vi dico: voi piangerete e gemerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia.
21La donna, quando partorisce, è nel dolore, perché è venuta la sua ora; ma, quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più della sofferenza, per la gioia che è venuto al mondo un uomo. 22Così anche voi, ora, siete nel dolore; ma vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno potrà togliervi la vostra gioia. 23Quel giorno non mi domanderete più nulla.
Siamo immersi nei discorsi di Gesù che l'evangelista Giovanni compone come un ordito che si articola e si dipana, con la sua progressione e insieme la sua ricorsività. Oggi ci troviamo di fronte allo smarrimento di alcuni discepoli che sembrano inceppati tra loro, chiusi nel domandarsi "tra loro" (v. 17), timorosi di rivolgersi a Gesù, che molto aveva già detto loro, ma con discorsi che restano oscuri, che possono lasciare nell’angoscia: “Che cos’è questo ‘un poco’ di cui parla?” (v. 18).
Eppure Gesù si accorge, si rende conto di quanto pesa sul loro cuore, così come sul nostro. Gesù si fa loro incontro: è sempre colui che ci viene incontro nel nostro brancolare nei dubbi, ci viene incontro lì dove siamo.
Gesù riprende le sue parole che sembrano un enigma. C’è in gioco il vederlo, per “poco” e tra “un poco”. Un tempo che vela e poi rileva, che chiude per riaprire, per dilatare sull’eternità. È un vederlo che sarà negato per “un poco”: la sua presenza sarà sottratta (o almeno così sembrerà) per un breve tempo, in cui ci sarà sofferenza e tristezza. Queste tuttavia non sono destinate a gravare per molto, troppo tempo.
Gesù sta rilevando la sua morte e la sua resurrezione, grazie alla quale sarà nuovamente incontrabile, presente. Lascia intuire anche la sua successiva salita al Padre. Ce ne parla con questi ripetuti “un poco”, che evocano tempo, e attesa. E sappiamo quanto a volte possa pesare l’attesa, specie per le persone che amiamo.
Ce ne parla in termini di tristezza e di gioia, una tristezza che i discepoli, e noi con loro, dovranno attraversare, ma una tristezza che è destinata a tramutarsi in gioia. Gioia per una presenza ritrovata, una presenza da riconoscere diversamente, come il Risorto che si manifesta ai discepoli, il Vivente che anche noi siamo chiamati a riconoscere presente nei nostri oggi, di tristezza o di gioia.
Gesù riprende l’immagine della partoriente, della donna che, per dare alla luce un figlio, non può non passare per le doglie, “la sua ora” (v. 21). Eppure dopo aver attraversato questo dolore, è inondata dalla gioia, tanto che non si ricorda più del travaglio che ha dovuto sopportare: è nella gioia perché la vita ha trionfato, una vita nuova è germogliata.
“Così anche voi”, dice Gesù, “ora siete nel dolore” (v. 22). C’è, ci può essere un presente di sofferenza, di incomprensione, di attesa. Per noi, per chi ci è vicino, per chi ci è lontano. Ma è un presente che può essere anche di fiducia per quella gioia che ci è annunciata, una gioia che ha il profumo della presenza del Risorto.
Gesù non dice qui che i discepoli lo vedranno, ma che lui li vedrà: “vi vedrò di nuovo” (v. 22). Questo annuncio apre il cuore non a una felicità effimera, una contentezza superficiale o transitoria, ma a quella gioia che “nessuno potrà togliervi”, nessuno può portarci via, perché ha a che fare con il sentire in profondità una presenza, la presenza del Risorto che ci ricorda che la morte non ha mai l’ultima parola. Questa conoscenza libera il nostro cuore dal dover domandare ancora e ancora.
Il Signore Risorto doni anche a noi nel nostro oggi di poter ri-conoscere la sua presenza, di poter gustare la sua gioia che niente e nessuno potrà portarci via.
sorella Silvia