Gesù, solitudine in preghiera
28 ottobre 2025
Dal Vangelo secondo Luca - Lc 6,12-16 (Lezionario di Bose)
In quei giorni, 12Gesù se ne andò sul monte a pregare e passò tutta la notte pregando Dio. 13Quando fu giorno, chiamò a sé i suoi discepoli e ne scelse dodici, ai quali diede anche il nome di apostoli: 14Simone, al quale diede anche il nome di Pietro; Andrea, suo fratello; Giacomo, Giovanni, Filippo, Bartolomeo, 15Matteo, Tommaso; Giacomo, figlio di Alfeo; Simone, detto Zelota; 16Giuda, figlio di Giacomo; e Giuda Iscariota, che divenne il traditore.
L’elezione dei Dodici è fatta precedere da un particolare su cui riponiamo la nostra attenzione: “In quei giorni egli se ne andò sul monte a pregare e passò tutta la notte pregando Dio” (Lc 6,12). Gesù, l’uomo della compagnia, passa di villaggio in villaggio, le folle lo seguono; l’uomo della cerchia ristretta, le sue soste di casa in casa, è altresì l’uomo della solitudine, del ritirarsi in luoghi appartati, solitari. Una dimensione eremitica non episodica, occasionale, ma usuale come sottolineano Luca: “Gesù si ritirava nelle solitudini e pregava” (Lc 5,16), e Giovanni: “Allora la gente, visto il segno che egli aveva compiuto, cominciò a dire: ‘Questi è davvero il profeta che deve venire nel mondo!’. Ma Gesù, sapendo che stavano per venire a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sulla montagna, tutto solo” (Gv 6,14-15). Da sottolineare il ‘di nuovo’. Marco da parte sua riferisce che Gesù “se ne andò in un luogo solitario e là pregava” (Mc 1,35).
Gesù vive compiutamente la condizione umana che domanda armonia tra piazza, casa e eremo, reciproci e complementari, che domanda risveglio della coscienza al recupero decisivo della dimensione eremitica, la solitudine habitat naturale per il discernimento e la salvaguardia della interiorità. Discernimento come risveglio della mente a saper distinguere chi e che cosa abita e determina la tua interiorità: è in gioco la qualità dei giorni dati a vivere.
Il Gesù condotto nella solitudine del deserto e messo alla prova è illuminante a questo proposito (cf Lc 4,1-12; Mt 4,1-11): non la brama dell’avere, del potere e dell’uso spettacolare e seduttivo della religione - è la ragione che orienta il suo cammino -, ma il Padre adorato, ascoltato e non messo alla prova. Questa la battaglia decisiva del cuore da Gesù vinta con le armi della Parola e dello Spirito, che fa di lui il Tu il cui cibo è fare la volontà di un Padre (Gv 4,34), puntualmente incontrato in solitudini colmate dalla preghiera: un faccia a faccia che può durare una notte intera, come sottolinea il brano evangelico odierno, solo in compagnia del solo Padre con il quale dialoga, al quale attende e riceve illuminazione.
Questo è pregare, colloquiare e ricevere luce e ispirazione dinanzi a decisioni importanti da prendere, come la scelta dei dodici assunta in sintonia con il volere del Padre: “Quando fu giorno, chiamò a sé i suoi discepoli, ai quali diede anche il nome di apostoli” (Lc 6,13), cioè di inviati, di mandati. Notte dunque di preghiera finalizzata alla elezione di collaboratori destinati a stare stabilmente con lui condividendone l’annuncio del Regno di Dio, semplici pescatori, zeloti avversi al dominio romano, Simone e Giuda Iscariota, pubblicani collaboratori con il dominio romano, Matteo.
Pagina, questa della chiamata dei dodici, che parla alla nostra personale chiamata: siamo stati scelti (Gv 15,16), ciascuno per nome (Gv 10,3), ad essere, alla propria maniera, luoghi attraverso cui egli continua ad annunciare che ove Dio è accolto e ascoltato lì nasce la pace: Dio è Padre con viscere materne, non padrone; l’altro è mio fratello e sorella, non straniero e nemico; il creato è sostentamento e insegnamento, non materia grezza da sfruttare; la morte apre la porta al regno della vita eterna, non al nulla.
fratel Giancarlo