Riconoscere Gesù nella carne del fratello
11 novembre 2025
Dal Vangelo secondo Matteo - Mt 25,31-46 (Lezionario di Bose)
In quel tempo, Gesù disse: 31«quando il Figlio dell'uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. 32Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, 33e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra. 34Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: «Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, 35perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, 36nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi». 37Allora i giusti gli risponderanno: «Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? 38Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? 39Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?». 40E il re risponderà loro: «In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me». 41Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: «Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, 42perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, 43ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato». 44Anch'essi allora risponderanno: «Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?». 45Allora egli risponderà loro: «In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l'avete fatto a me». 46E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna».
“Quando il Figlio dell’uomo verrà” forse all’improvviso, come leggeremo nelle letture del tempo di avvento che giungerà a breve, ci coglierà probabilmente distratti e affannati in tante faccende e preoccupazioni.
Eppure Matteo nei primi nei primi capitoli ci ha ricordato le parole di Gesù ripetute più volte: “Non affannatevi” (Mt 6,25 e seg.) la preoccupazione erode energie alla vita, è come un tarlo che a poco a poco scava nel legno e mentre l’esterno che si vede appare ancora sodo e intatto in realtà è rimasta solo una sottile pellicola che avvolge il nulla.
Solo occhi di donne e uomini capaci di sostare con stupore e nel silenzio di fronte a ogni essere umano e lavorati nel cuore dalla Parola, sono in grado di accogliere lo Spirito di Dio che ci permette di riconoscere in quell’umano, a tratti sfigurato, Gesù il Messia come ci dice il profeta Isaia:
«Non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi, non splendore per poterci piacere. Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire, come uno davanti al quale ci si copre la faccia; era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima» (Is 53,2-3).
Tale riconoscimento è possibile solo ed esclusivamente grazie alla fede, anch’essa dono dello Spirito, che ci accompagna in questo movimento di essenzializzazione e ricentramento in Gesù il Cristo. il suo Evangelo e null’altro. Nessuna dote o capacità, studi o competenze acquisite possono esserci di aiuto se non accade l’esperienza della prassi evangelica, quotidiana, perseverante e aliena da ogni auto-celebrazione o manifestazione mondana e di folla.
In una notte fredda ad Amiens Martino, di cui oggi facciamo memoria, soldato romano a cavallo mentre era di ronda, incontrò un povero, intirizzito dal freddo. Uno sconosciuto, ma da lui riconosciuto come essere umano e fratello con il quale condividere metà del suo mantello. Nel buio, in silenzio, due esseri umani che si incrociano nella notte e nel riconoscimento reciproco di tale umanità rendono possibile l’incontro del divino con l’umano e dell’umano con il divino.
Così, senza parole, Martino, oggi ci aiuta a rileggere il discorso sul giudizio che troviamo solo nel Vangelo di Matteo. Parole disarmanti, «che come spada a doppio taglio» (Eb 4,12), penetrano nelle nostre esistenze, comode, al caldo e ben protette dai rigori dell’inverno che è alle porte, esistenze a tratti impermeabili a tutto persino a noi stessi: statue di cera, perfetti all’esterno con dentro il vuoto.
Là dove non immaginavamo, nei luoghi più remoti: nel buio della disperazione delle carceri, nei letti della malattia di ospedali da campo bombardati, nelle ciotole informi e affumicate in mano a bambini che attendono cibo, nelle file infinite di taniche che invocano acqua, aggrappati a gommoni logori in balia dei flutti, là dove tutto immagineremmo eccetto la presenza del Dio di Gesù Cristo, pensato troppo spesso ancora solo dietro a fumi di incenso e in vesti sontuose, eppure in silenzio, senza clamori, là in quella disperazione accade che la Parola eterna di Dio, il Verbo che era sin dal principio presso Dio si fa carne, si fa vita si fa umanità.
Oggi Martino, ci aiuta a ricordarlo, a non scandalizzarci della nostra cecità ma a lasciare che lo Spirito agisca in noi, ci apra gli occhi, ritorni a far battere il nostro cuore e ci ridesti dalla nostra sonnolenza e tiepidezza accomodante.
fratello Michele