Una regola per la vita

“Fratello, sorella, uno solo deve essere il fine per cui tu scegli di vivere in questa comunità: vivere radicalmente l’Evangelo. L’Evangelo sarà la regola, assoluta e suprema. Tu sei entrato in comunità per seguire Gesù. La tua vita dunque si ispirerà e si conformerà alla vita di Gesù descritta e predicata nell’Evangelo” (Regola di Bose § 3).

Così la nostra regola monastica pone se stessa come ancilla del Vangelo, un servizio reso ai fratelli e alle sorelle della comunità perché possano camminare più speditamente e insieme sulle tracce di Cristo.

Durante la celebrazione della compieta domenicale, il priore fr. Luciano sta commentando in modo continuativo il testo della nostra regola monastica nella forma di ammonizioni. Dal latino ad-monere, in cui monere significa “ricordare”, l’ammonizione è un far ricordare ciò che si può dimenticare, è un rimandare il corpo comunitario all’essenziale della sua vocazione, un riportarlo ai fondamenti della sua vita e all’autenticità del segno che è chiamato ad essere di fronte alla Chiesa e al mondo.

Pubblicandole nel sito, le offriamo come aiuto alla vita spirituale di coloro che le leggeranno: queste parole non dicono nulla di nuovo, ma potranno aiutare ciascuno – nella condizione di vita in cui si trova – ad ascoltare la voce del Signore che chiama sempre alla conversione e al ritorno al Vangelo, regola di vita di ogni cristiano.

Dall’infamia alla gloria

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Il passaggio dall’infamia alla gloria diviene una vera e propria dinamica della vita spirituale cristiana che i credenti sono chiamati ad assumere: fare anche degli eventi di contraddizione, di ingiustizia, di infamia e di vergogna, dei luoghi gloriosi. Da luoghi in cui si esprime la malvagità umana a luoghi in cui si manifesta la presenza di Dio.

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Assiduità con la Parola

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Lo “spirito di preghiera robusto” (RBo 37) di cui parla la nostra Regola nasce anzitutto dall’assiduo ascolto della Parola di Dio che può corroborare una vita che, se affidata semplicemente alle nostre forze, non può che venir meno. Ora, solo se la centralità della Parola di Dio contenuta nelle Scritture, e massimamente nel Vangelo, viene concretamente vissuta tanto nella lectio divina personale come comunitaria, nell’ufficio come in ogni liturgia, la nostra vocazione monastica ha basi salde.

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La libertà di servire

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È tutta la persona a essere chiamata ad assumere in piena libertà il servizio all’altro. Il che significa che il servizio non lo si fa lamentandosi, che ad esso non ci si sottrae, ma che lo si fa nella gioia, la gioia di chi sa che sta cercando di amare un’altra persona, sta spendendosi per un altro, sta seguendo il Signore venuto per dare la vita per molti. Servire esige una grande attenzione agli altri.

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La sinodalità della vita

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Esiste una pratica, vitale nella chiesa e in ogni comunità monastica: la collegialità. Si tratta di una corresponsabilità che nella vita monastica si manifesta nei momenti sinodali per eccellenza come i consigli, ma che ha il suo luogo autentico nella vita quotidiana, trova la sua cartina di tornasole nelle relazioni fraterne. Perché anche le istituzioni sinodali sono a servizio della vita, della reale vita relazionale fraterna e comunionale che è il cuore di ogni comunità.

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